Si sa che Image Comics negli ultimi anni è diventata una vera e propria fucina di idee, in grado di coniugare generi diversi con la nona arte e di proporre serie originali memorabili. Ma, a volte per guardare al futuro bisogna volgere lo sguardo al passato ed è proprio ciò che fa la Collana Universal Monsters, giunta al secondo volume con Frankestein.
La storia scritta e disegnata da Michael Walsh – per i colori di Toni Marie Griffin – è stata pubblicata in Italia dagli amici Saldapress. Noi di Penna di Corvo e io in particolare, eravamo particolarmente ansioni di leggerlo per potervene parlare, dopo avervi già parlato di Dracula. Quel momento è finalmente arrivato dunque non vi resta che continuare a leggere!

Una breve sinossi
La leggenda di Frankestein, il capolavoro gotico della scrittrice Mary Shelley, è destinata a vivere per sempre, anche grazie al gran numero di pellicole che ha ispirato. In primis, la trasposizione degli Universal Pictures che vide la luce nel 1931 con un indimenticabile Boris Karloff a interpretare il mostro creato dal Dottor Frankenstein, rimane uno dei ruoli del cinema horror più iconici e citati della storia

Un classico immortale
Sul capolavoro immortale della lettera gotica scritto da Mary Shelley si è detto e scritto profluvi di parole. Tra critica letteraria e reinterpretazioni dei vari media, a prima impressione potrebbe sembrare quasi impossibile raccontare qualcosa che non si fosse già visto o detto tra carta stampata, grande e piccolo schermo. Questo Frankestein invece ha superato ogni più rosea aspettativa.
Il segreto è stato quello di tornare alle radici più horror del racconto, restituendo prima di tutto dal punto di vista visivo la caratterizzazione data nel lontano 1931 da Boris Karlof alla creatura.
Il racconto segue poco il romanzo originale, ma segue invece un corso proprio ma non per questo meno interessante. Si spinge molto sulla componente horror, con scene violente e a tratti strazianti senza censure.
Le atmosfere gotiche sono perfettamente ricostruite dalle ambientazioni sia nelle atmosfere, che negli abiti e nei luoghi. Si nota una cura minuziosa per ogni dettaglio. Il tutto valorizzato da una colorazione che si attesta su tinte acide, che esaltano le tavole e restituisce le atmosfere di un film in Technicolor.

Un ossessione che divora
Il vero protagonista della storia è in realtà il dottor Frankestein, consumato dalla sua ossessione. Talmente tanto assorbito dal suo progetto di vita dal finire con il trascurare tutto quello che lo circonda. Il suo progetto di vita, che gli avrebbe permesso di assurgere a Dio creatore della vita stessa, finisce con il consumare e distruggere la sua esistenza. Alienato e perduto, alla fine del racconto si riscoprirà come un guscio vuoto alla deriva, dimenticato, abbandonato e solo.
L’altro protagonista è il ragazzo, vittima inconsapevole della storia, che perso il padre suo malgrado si troverà travolto in un vorticoso corso di eventi che ne segnerà inevitabilmente l’esistenza. Lui compie un vero e proprio viaggio alla ricerca della verità, dovendo accettare la finitezza umana e l’ineluttabilità della morte.
La creatura, afona, violenta, viene spogliata di qualsiasi umanità divendo una forza distruttiva, omicida, talmente irrazionale da incarnare in modo perfetto una violenza gratutita e amorale. Rispetto al racconto di Shelley in cui la creatura è di per sé innocente ma viene corrotto dal mondo e dall’umanità, qui la creatura è un tornado che non discerne bene e male, un dispensatore di morte senza scrupoli.

Tirando le somme
Un racconto vincente e avvincente, scorrevole ma soprattutto davvero terrificante perché colpisce sia attraverso la violenza fisica sia attraverso l’orrore più psicologico, rappresentato dai meandri oscuri e imperscrutabili della mente del dottor Frankestein.
Angoscioso e morboso, moderno nella narrazione eppure con quella patina vintage che ci riporta ai classici della universal. Consigliato? Se non lo avete ancora preso i veri mostri siete voi!