The Kingdoms of Ruin – Adonis, il flagello degli Dei

Il ragazzo strappato all’innocenza: The Kingdoms of Ruin (Hametsu no Ōkoku) è una serie dark fantasy scritta e illustrata da Yoruhashi, ambientata in un mondo dove la magia, un tempo dono sacro tramandato dalle streghe, è stata brutalmente spazzata via dalla supremazia scientifica dell’Impero Redia. Pubblicato in Italia da Saldapress. Al centro della narrazione si staglia una figura tragica e complessa: Adonis, ultimo apprendista di una strega, simbolo vivente della vendetta e della distruzione, ma anche di un’umanità spezzata.

Adonis non nasce come antieroe. In realtà, la sua infanzia è segnata da una purezza e da un’affezione sincera verso la sua mentore, Chloe, strega che lo ha cresciuto con dolcezza, pazienza e amore materno. Vive con lei un’infanzia relativamente serena, seppure isolata dal mondo, imparando la magia con entusiasmo. Ma quel fragile equilibrio viene infranto quando l’Impero, in un atto di genocidio sistematico, decide di eliminare ogni strega in nome del progresso scientifico. Chloe viene pubblicamente giustiziata: una scena brutale e visivamente potente che si imprime nella mente di Adonis e segna il suo punto di rottura.

È in questo momento che Adonis perde tutto: una guida, una madre, e soprattutto, la fiducia nel genere umano. La sua umanità viene risucchiata nel dolore e nell’odio, e da quel momento inizia a definirsi non più in base a chi è, ma a ciò che ha perso. Non è solo un personaggio in cerca di vendetta: è un’anima che si è disgregata, e che cerca uno scopo per non impazzire.

Dall’apprendista al distruttore: l’evoluzione della vendetta

Adonis sopravvive alla strage, ma non è più il ragazzo che Chloe ha cresciuto. La sua crescita è segnata da una progressiva discesa nella violenza. Grazie al legame magico che aveva con la sua maestra, riesce a sopravvivere e incanalare enormi poteri magici, alimentati non dalla saggezza, ma dall’odio. In lui si fondono il potere arcano delle streghe e la sete cieca di annientamento, rendendolo una minaccia apocalittica.

Nonostante la narrazione ci porti spesso a simpatizzare con Adonis per il suo passato, The Kingdoms of Ruin non lo dipinge mai come un eroe convenzionale. Adonis non combatte per un bene superiore: combatte per vendetta. La sua visione si fa manichea, assoluta: chi è complice del sistema merita la morte. Non fa distinzioni tra civili, soldati, innocenti o colpevoli. Questo lo rende tanto inquietante quanto affascinante: è il prodotto estremo di un’ingiustizia, ma anche un nuovo catalizzatore di morte.

Questa ambiguità morale è una delle forze trainanti del manga. Adonis diventa l’antitesi dell’Impero non per ideologia, ma per rabbia. La sua vendetta non ha un fine politico: è personale, intima, devastante. In lui si rispecchiano archetipi classici del vendicatore tragico, ma con una crudezza moderna, che rende la sua figura ancora più disturbante. I lettori si trovano costretti a chiedersi: quanto è giusto giustificare un dolore così immenso? E dove finisce la giustizia e inizia il terrorismo?

Nel corso della storia, Adonis affina il proprio potere e incontra altri personaggi (che siano alleati o nemici) che provano a metterlo di fronte alla possibilità di una redenzione. Ma lui, pur mostrando qualche momento di esitazione o rimorso, appare troppo segnato dal trauma per tornare indietro. Anche quando si ritrova a salvare qualcuno, non lo fa per altruismo: lo fa perché quella persona può servire al suo scopo. L’amore e l’empatia, se mai torneranno in lui, saranno frutto di un percorso lento e tortuoso.

Morte, magia e memoria: simbolismo e impatto narrativo:

Adonis è, a tutti gli effetti, un simbolo vivente. La sua esistenza rappresenta ciò che accade quando l’umanità rinnega le emozioni, la compassione e la memoria. L’Impero uccide le streghe non solo per paura, ma per affermare la supremazia della scienza, della logica fredda e disumanizzante. Adonis è l’incarnazione del ritorno del rimosso: la magia non può essere soppressa senza conseguenze, e l’odio che ha generato è diventato arma.

La sua magia, potente e incontrollabile, è anche un riflesso del caos interiore. Non si limita a lanciare incantesimi: le sue evocazioni spesso hanno un impatto visivamente terrificante, cariche di dolore e distruzione. In molti casi, Adonis agisce come un dio vendicatore, ribaltando ironicamente i ruoli iniziali: ora è lui la minaccia all’ordine costituito, proprio come un tempo lo erano le streghe agli occhi dell’Impero.

Tuttavia, nonostante la brutalità, Adonis conserva una sorta di coerenza interna. Non mente, non manipola, non cerca gloria. È onesto nel suo intento distruttivo. Questo lo distingue da molti antagonisti o antieroi più calcolatori. La sua rabbia è autentica, il suo dolore palpabile. Anche nei momenti di maggiore violenza, il lettore percepisce che ciò che guida Adonis non è l’onnipotenza, ma una ferita che non ha mai smesso di sanguinare.

Interessante è anche il rapporto tra Adonis e il concetto di memoria. In un mondo che vuole dimenticare la magia e le streghe, lui è l’ultimo ricordo vivente di un’epoca cancellata. Ogni suo gesto distruttivo è un atto di testimonianza, un grido: “Io ricordo.” In questo senso, Adonis non è solo un personaggio, ma un atto narrativo di resistenza alla rimozione del passato.

L’oscurità come risposta al dolore

Adonis è uno dei protagonisti più cupi e tormentati del panorama manga recente. Non è facile amarlo, ma è impossibile ignorarlo. È la prova vivente che anche un eroe può diventare un mostro, se il mondo che lo circonda lo tradisce a sufficienza. La sua complessità lo rende un personaggio magnetico: non è solo una macchina da guerra, ma un’anima spezzata, che continua a camminare tra le rovine di un mondo che lo ha tradito.

Nel seguire il suo percorso, il lettore si ritrova immerso in un dilemma morale costante, sospeso tra empatia e orrore. E questa è, forse, la più grande forza di The Kingdoms of Ruin: costringerci a guardare negli occhi l’odio, e a chiederci se anche noi, in fondo, saremmo diversi al suo posto.

 

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