
La vita spesso ci insegna che il nostro peggior nemico siamo noi stessi o il nostro più caro (ex) amico. In The Alto Knights ripercorriamo la storia parallela di Vito Genovese e Frank Costello, mafiosi americani potentissimi boss fino alla fine degli anni ’50 del secolo scorso. Un tempo amici, le circostanze, i caratteri diversissimi e la sete di potere, finiranno per metterli uno contro l’altro…e Frank Costello capirà come la sua peggiore minaccia sia l’amico con cui è cresciuto.
The Alto Knights avrebbe tutti gli elementi per essere un film epico, a cominciare da Robert De Niro che interpreta entrambi i boss con una prova d’attore notevole, vista anche la non più giovane età. Il regista poi del film è un certo Barry Levinson, premio oscar nel 1989 con Rain Man, alla quinta collaborazione con De Niro, il quale tuttavia da 10 anni non era più stato dietro la macchina da presa. Infine lo sceneggiatore, ovvero quel Nicholas Pileggi autore delle sceneggiature di cult come Quei bravi ragazzi e Casinò, sempre a tema mafia. Gli ingredienti per un’opera di valore c’erano tutti ma come vedremo il film stecca, e non poco, risultando piatto, malinconico e con un sapore di deja-vù.

L’ennesimo tassello cinematografico su “cosa nostra” statunitense.
A partire dal Padrino del 1972 del regista Coppola, Hollywood ha attinto a piene mani dalle vicende dei boss italo-americani a cavallo tra gli anni ’20 e gli anni ’90 del secolo scorso, sfornando una decina di capolavori che sono entrati di diritto nella storia del cinema mondiale.
E’ evidente però come ritornare a raccontare storie sulla mafia “dei vecchi tempi” comporti il (forte) rischio che lo spettatore sia portato a confondere più film, tra loro diversi, poiché spesso le trame si somigliano tutte (tradimenti, omicidi, “filosofia” dei vecchi mafiosi, ecc…) e gli interpreti sono sempre gli stessi: prendiamo appunto De Niro, il quale ha già preso parte a 7 film in cui interpreta un boss, in particolare The Irishman del 2019, pellicola accostata a The Alto Knights, e che più di tutte ci dà un senso di deja-vù.
Di certo comunque The Alto Knights rappresenta un omaggio al genere e l’interpretazione di De Niro da sola vale il prezzo del biglietto: consigliamo però di gustarlo in lingua originale dove si può apprezzare maggiormente lo sforzo dell’attore tramite una diversa voce di dare ad entrambi i personaggi che interpreta il giusto spessore e differenziandoli dunque non solo per il trucco e la postura.
Purtroppo nel nostro Paese si è fatta l’infelice scelta di far doppiare entrambi i co-protagonisti alla stessa persona, il pur sempre bravo Stefano De Sardo, vanificando la prova d’attore di De Niro.

Ne vale la pena? Se amate il genere si!
Come detto The Alto Knights non spicca e non può annoverarsi a quei capolavori che sono stati negli anni pellicole quali Gli Intoccabili e C’era una volta in America oltre a quelli che abbiamo in precedenza citato.
Tuttavia il film fa il suo come ambientazioni e costumi ma anche rappresentando due diversi modi di interpretare l’essere mafioso: da una parte la violenza e l’arroganza di Vito Genovese, mentre Frank Costello si converte alla mafia di regime, quella silenziosa e alleata a suon di corruzione con politici e polizia. Del resto, come potrebbe essere diventata così potente negli anni ’50 questa congregazione variamente assortita di immigrati giunti in America senza parlare la lingua e conoscere la società?
Nel finale in cui Frank Costello quasi si auto-assolve rivolgendosi agli spettatori, egli dichiara candidamente che poiché chi era arrivato in America prima di loro aveva già depredato gli indiani, arraffato tutto l’oro, ecc… a loro non era rimasto che dar da bere alcolici di contrabbando (galeotto fu il proibizionismo!).

Purtroppo in America The Alto Knights si sta configurando come uno dei più grandi flop dell’anno, infatti incassare 2 milioni di dollari al debutto nazionale, una cifra a dir poco insufficiente davanti al budget di 50 milioni investito per la produzione.
E ciò comunque dispiace perché ben altri film, molto meno meritevoli di visione al cinema, incassano tanto perché stupiscono, disgustano, eccitano o semplicemente diventano (non si sa bene perché) virali. Un po’ come non c’è più spazio per “la vecchia” mafia, con i suoi valori (se di valori si può parlare), così forse gli spettatori sono sempre meno affezionati a film che sono come grandi affreschi storici, e come tali non possono avere uno stile diverso da altri lungometraggi che li hanno preceduti.