Povere Creature: lo sfrontato sguardo della libertà

Yorgos Lanthimos (Il Sacrificio del Cervo Sacro, 2017 e La Favorita, 2018) porta sullo schermo il capolavoro della denuncia socio-culturale degli scozzesi anni ’90 di Alasdair Gray, “Povere Creature!”. La produzione del film attecchisce dopo anni di gestazione e solo grazie alla visita del regista presso la casa di Gray nel 2009.

Il film esplora tramite la protagonista Bella Baxter l’enorme disuguaglianza socio-culturale dell’epoca e – per estensione – del mondo stesso. Che percorso fa la donna interpretata da una divina Emma Stone (Oscar Miglior Attrice per La La Land, 2017)? Cosa ci lascia? E soprattutto… dopo 30 anni il mondo avrà aperto la propria mente rendendo la libertà il valore più alto da perseguire?

Scopriamolo in questa recensione e occhio ai segnali di spoiler!

La locandina del film.

La Trama

Nell’atmosfera surreale e steampunk della Londra simil-vittoriana, in un tempo non ben identificato, un oscuro segreto si cela dietro il tragico gesto di una giovane donna (spoiler) incinta che si getta nelle acque del Tamigi, ponendo fine alla sua vita e – come si scoprirà – a quella del suo nascituro.

Anni dopo, il brillante studente di medicina Max McCandles (interpretato da un sorprendente Ramy Youssef, Don’t Worry, 2018) è coinvolto in un enigmatico esperimento condotto dal bizzarro chirurgo Godwin Baxter – alias Willem Dafoe, Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità, 2018. La sua missione è assistere una misteriosa giovane di nome Bella (Emma Stone), i cui comportamenti infantili celano un segreto oscuro e inquietante.

Man mano che Max si avvicina a Bella, svelando le peculiarità della sua persona, viene trascinato in un vortice di mistero e terrore. È solo quando Godwin gli rivela la verità dietro l’identità di Bella che Max si trova di fronte a una realtà agghiacciante: (spoiler) il corpo di Bella ospita il cervello del feto di Victoria, donando vita a una creatura che oscilla tra la madre e il/la figlio/a, non essendo di fatto né l’una né l’altro.

Bella è un nuovo individuo, ben definito ed estraneo alla sua vita ancestrale.

Il film segue la crescita e la maturazione esponenziale di Bella e la sua sete di conoscenza che la porterà ad esplorare prima la sua sessualità e poi il mondo intero, tramite personaggi bizzarri, malvagi e amorevoli.

Il visual concept del film

Lanthimos si circonda di collaboratori che rendono la visione dello scrittore Gray reale e tangibile, per quanto surreale. Il lavoro mastodontico e penetrante della fotografia di Robbie Ryan (Storia di un matrimonio, 2019) rasenta la perfezione dello storytelling narrativo.

La pasta cromatica del film parte in bianco e nero sottolineando la condizione infantile di Bella, perché i neonati vedono in bianco e nero; man mano che il personaggio della Stone scopre il piacere e la libertà di esprimersi, il mondo si arricchisce d colori e dettagli. Si arriva, infine, ad un equilibrio cromatico sulle ultime scene che segue il lugubre, ma romantico addio a Godwin.

I toni cromatici cambiano di città in città anche in base alle emozioni e alla coscienza di Bella. Dall’arida Alessandria, alla splendente Lisbona fino alla fredda Parigi. La fotografia segue non solo le emozioni di Bella, ma anche le location che tocca.

Il surrealismo scenografico gestito da Shona Heath e James Pricesi si rifà a Schiele, Bosch e Bacon. Si passa dal gotico allo steampunk vittoriano, senza escludere l’Art Nouveau degli interni e l’occhio strizzato a Gaudì durante la crociera; per non parlare del brutalismo della casa in cui è cresciuta la protagonista da “bambina”. Il tutto è condito da un sapiente utilizzo di CGI e modellini, che interagiscono in maniera volutamente difforme dalla realtà, seguendo quegli stilemi surreali tipici del regista.

Emma Stone in una scena del film.

Il suo tocco è evidente, poi, nell’uso e abuso del fisheye che rende distorta la realtà che vediamo all’inizio e tende sempre più a lasciare spazio ad in quadrature ampie man mano che Bella “cresce”, matura e diventa un individuo forte.

Il trucco artistico e prostetico è molto “medico” e poco estetico, a sottolineare la costante voglia di esperienze e scoperta di Bella. Ottima intuizione di Mark Coulier.

Menzione per i costumi di Holly Waddington. Infatti, come la fotografia, seguono la crescita del personaggio e si basa sulle tipiche ribellioni caratteristiche di ogni età, dalle camicione da notte e assenza di intimo fino agli abiti vittoriani privi di corsetto sottomettente.

La musicalità di Povere Creature

La colonna sonora anatomica pare stonata, come i pensieri di una bambina in un mondo di adulti. Il musicista Jerskin Fendrix accompagna la crescita della protagonista con strumenti in fase di accordatura ed esecuzioni infantili, passando per composizioni sporche e trasgressive. Infine, melodie orchestrali che coincidono con il primo orgasmo frutto di un reale sentimento d’affetto.

Per non parlare del “Dies irae” (puoi approfondire qui), tipica autocitazione delle colonne sonore tragiche e dolorose, che culmina sulla chiusura degli occhi di un deceduto Willem Dafoe da parte di Emma Stone.

Non solo musiche, ma anche sottili vibrazioni dei passi di Bella, sul pavimento morbido della casa di Godwin o i rumorosi tacchi da uomo di Mark Ruffalo contribuiscono a generare un ben distinto mondo che Bella scopre di volta in volta, di esperienza in esperienza, di amante in amante.

Apro una parentesi. Anche i cambi di partner sessuali sono sottolineati da una precisa scelta di sound design. Si va dalle grasse risate, ai silenzi assordanti, passando per gemiti di routine, in base ai nuovi concetti ed alle nuove emozioni imparate da Bella stessa nelle diverse situazioni che affronta. Suoni e rumori che si associano a scoperte accondiscendenti, dolori inattesi e momenti di staticità.

Jerskin Fendrix, autore della colonna sonora.

Inoltre, più la colonna sonora assomiglia ad una vera e propria melodia, più i movimenti di Bella sono sinuosi e decisi, meno robotici e scoordinati. Come se i musicisti di un’orchestra prendessero sempre più conoscenza di loro stessi e del loro scopo.

Le influenze

Il film (e il libro) trae una parte di ispirazione da Mary Shelley e al suo Frankenstein, pur discostandosene in modo significativo. Mentre il dottore italo-elvetico crea un mostro per compiacere ad una smania di onnipotenza, Godwin genera Bella quasi in un impeto di progresso ed evoluzione umana, come a voler lasciare un dono ai posteri, salvo poi sviluppare affetti prima sessuali (mai realizzati) e poi paterni verso la sua creatura.

Il personaggio di Harry interpretato da Jerrod Carmichael (Transformers – L’ultimo cavaliere, 2017) è geniale per quanto sia così terribilmente familiare. Collodi crea un grillo parlante che mostra a Pinocchio il buono della vita e gli parla dall’interno essendo la sua coscienza.

Bella, già orientata verso il bene, in quanto segregata lontano dall’universo oscuro e nefasto, è introdotta a questo mondo ameno e terribile in maniera diretta e deprecabile da quello che potremmo definire un antigrillo. Una coscienza che pone davanti a Bella il male di vivere.

Come non citare Freud e le cinque fasi dello sviluppo psicosessuale? Dal rapporto di Bella con il cibo, come espressione di ciò che le piace e ciò che la ripugna o la gioia della stessa nel comunicare l’avvenuta orinazione. Dalla scoperta dell’autoerotismo e del piacere condiviso alla crescita personale. Il film tocca tutti gli aspetti psicologici che spingono la persona ad esplorare la propria sessualità fin da piccolissimi. Sono gli stessi aspetti che la stessa protagonista sfrutta per cercare quella libertà di avventure che le consentono di crescere come persona.

Oscar? Anche sì

Il cast è molto più che azzeccato. Perché sì, la Bella Baxter portata in scena dalla protagonista di Easy Girl (2010) e Zombieland (2009 e 2019) è assolutamente divina. Un’evoluzione cristallina di un talento puro, come il personaggio a cui dà vita. In poco più di due ore Emma Stone ripercorre tutte le tappe di una crescita lenta e vitale. Infanzia, pubertà, adolescenza e maturazione. In un turbinio morbido e tenue senza “furiosi sobbalzi”, se non quelli da lei cercati e voluti.

Willem Dafoe mascherato da un trucco pesante che non occlude la sua fisicità e la sua mimica è sia uno scienziato ferreo e fermo che un padre amorevole. Amorevole fino al punto di lasciar andare la propria figlia in giro per il mondo con un depravato, perché ella gode di libero arbitrio.

Depravato che altri non è se un superbo Mark Ruffalo (Hulk nel MCU) in un ruolo nient’affatto semplice e forse non congeniale al suo background, ma che lo eleva ad attore di alto rango. Perfetto, magistrale, ispirato.

Il resto del cast tiene su un enorme peso e un grande – grandissimo – messaggio. La libertà.

Emma Stone in un momento di epifania del film.

La manipolazione del “web”

Prima di parlare del lascito emotivo e morale del film (che si discosta da quello del libro), vorrei essere polemico (inutilmente) con chi si appropria di situazioni e messaggi pur di perorare la propria causa.

Curioso come le cose curiose, dopo ogni film spulcio web e cartaceo alla ricerca di informazioni, curiosità e opinioni. Stavolta il web mi ha lasciato un po’ di stucco.

Il film – come vedremo tra poche righe – affronta la vita di un terzo individuo, lontano da Victoria e dal figlio. Bella, infatti, è un personaggio pensante e desideroso di avventure in quanto essere umano e non appartenente ad un genere definito. Affronta gli oneri e gli onori di un mondo che non conosce e si fa carico di esperienze e responsabilità non sue.

Scopre i sentimenti di amore e passione, di odio e violenza, di compassione e carità. Combatte le proprie battaglie, le perde e le vince. Viaggia, esplora, ama (sentimentalmente e fisicamente).

Mi è toccato leggere – anche in questo caso – di femminismo e patriarcato, di supremazia e maschilismo. Assumendomi in primissima persona le responsabilità di quanto sto per dire: “Voi che millantate diversità e disparità… avete DAVVERO visto il film?”, chiedo.

Il lascito di Povere Creature

Libertà. Di pensiero, di parola, di amore, di coscienza, di vita, di morte, di sogni, di speranza, di studi, di scoperta, di cibo, di opinione, di volere, di potere, di sesso, di essere.

E povere quelle creature che saranno schiave di costrizioni sociali, politiche e gerarchiche. Povere quelle creature che seguiranno la strada tracciata da loro da un chissà chi mnemonico e ancestrale. Povere quelle creature che si priveranno del mondo pur di essere riconosciute come “quelli che ben pensano” (Frankie Hi-nrg docet).

Chi sono le povere creature del titolo del film (e del libro)? I bambini (spoiler) lasciati a morire ad Alessandria? Le sgualdrine dei bordelli francesi? I reietti della società che fanno un sol uomo per sopravvivere agli inverni sociali e climatici?

Oppure una povera creatura è chi rigetta la vita inseguendo una falsa etichetta? Chi vive a discapito del prossimo traendone profitto e piacere? Chi giudica, critica, sopprime e soverchia chi tenta di vivere la propria vita al massimo dello splendore?

Be’, per chi scrive questa “recensione”, il film parla di questo. Di libertà. E William Wallace ne sarebbe stato orgoglioso.

Libertà priva di genere, ma assoluta.

Il finale diverso

Di per sé, essendo un adattamento, la pellicola prende le sue libertà seguendo il volere del regista greco. Si discosta dal turbinio grafico-letterario del libro e dai suoi molteplici punti di vista; tanti quanti i personaggi presi in causa.

La narrazione segue, per ovvie regioni, il punto di vista della protagonista, lasciando a margine quello degli altri personaggi.

Lanthimos oltre a sottrarre all’opera letteraria, aggiunge anche.

Ora una pericolosissima allerta spoiler libro/film.

La trasposizione cinematografica chiude gli archi narrativi con l’ansia di Bella per un esame universitario, allargando il campo su un presumibile compagno di vita (Max), l’amica/amante Toinette (Suzy Bemba, Kandisha, 2020), la badante, l’esperimento lento Felicity (Margaret Qualley, C’era una volta…a Hollywood, 2019), la capra ex-marito e tutto lo zoo di strane creature create da Godwin.

La dissolvenza a nero che segue la scena rende reale ciò che abbiamo visto e chiude, come detto, tutti gli archi narrativi messi su schermo.

Nel libro, nelle pagine finali si evince che il “mostro” Bella non è mai esistito e che tutto il racconto non è altro che una sorta di “seduta psicologia” tra Victoria e Godwin, quest’ultimo designato come medico addetto alla clitoridectomia, volta a calmare l’isteria sessuale della donna.

Ora, l’opera cartacea è un compendio di sotterfugi letterari e grandi composizioni grafiche. Tutto derivato dalla formazione di Gray.

In tutta onestà, gli occhi di chi scrive hanno preferito il finale chiuso offerto dal regista greco, con un’ode al progresso inteso come miglioria per sé stessi e per il mondo. Un barlume di speranza, insomma, coltivato dalla libertà di crescita.

Brandity degli Oscar 2024.

Povere Creature agli Oscar

Già vincitore di due Golden Globe come Miglior film commedia o musicale e Migliore attrice in un film commedia o musicale a Emma Stone, Povere Creature di Yorgos Lanthimos si accosta agli Academy Awards 2024 con ben 11 candidature. Miglior Film, Miglior Regista, Miglior Attrice. Questo è il trittico a cui punta la produzione.

In realtà, gli addetti ai lavori del film meriterebbero una lode per il gran lavoro svolto. Questo film è considerarsi come uno dei migliori prodotti cinematografici post pandemia.

Soltanto tra qualche settimana sapremo come se la sarà cavata e se la folle, pura e genuina intraprendenza di Bella Baxter avrà portato Lanthimos, Stone e tutto il carrozzone pazzoide di Povere Creature sul tetto del cinema mondiale.

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Povere Creature!, 2023. Di Yorgos Lanthimos. Disponibile al cinema. Emma Stone, Mark Ruffalo, Willem Dafoe, Ramy Youssef, Christopher Abbott, Kathryn Hunter, Jerrod Carmichael, Hanna Schygulla, Suzy Bemba, Margaret Qualley.

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