Pennadicorvo incontra Francesco Napoletano – heatherEXrose

Benvenuti a questa intervista con Francesco Napoletano, artista indipendente italiano. Specializzato in studi di grafica e pittura, dal 2020 lavora sotto lo pseudonimo “heatherEXrose” portando avanti un progetto artistico totale, comprendente la commistione tra pittura, fumetto e poesia di ispirazione modernista.

– Ciao, Francesco grazie per essere con noi oggi. Per iniziare, puoi raccontarci un po’ chi sei e come è iniziato il tuo percorso nel mondo del fumetto?

Un saluto a tutto lo staff di Penna di Corvo ed inizio con il ringraziarvi per avermi concesso questo spazio. Mi chiamo Francesco Napoletano, in arte “heatherEXrose”, e sono un autore indipendente, classe 1995; sono principalmente interessato a portare avanti una sperimentazione creativa nella commistione tra fumetto grafico, pittorico e scrittura poetica. Il mio percorso nel mondo del fumetto è iniziato in maniera del tutto spontanea, nei primi anni di vita. Sentivo l’impulso irrefrenabile di raccontare attraverso le immagini, e mi arrabbiavo tantissimo perché quegli scarabocchi che producevo non si avvicinavano nemmeno lontanamente alle visioni così vivide che avrei voluto rappresentare. In realtà succede anche ora, ma penso che questa sia la maledizione dei visionari!

– Tu leggi fumetti? E se si quali generi?

…e mi aggancio a questa cosa col raccontare che fui folgorato nell’infanzia dalle tavole dinamiche di fumetti d’azione e d’avventura quali l’adattamento comics di Tomb Raider, o dall’iconicità di personaggi come Vampirella e Witchblade: insomma volevo far parte con il mio disegno di quell’universo di donne forti, coraggiose ed esteticamente prorompenti. Poi, con il tempo, grazie anche alla scoperta di letture più profonde (come la letteratura ottocentesca e novecentesca), ho virato la mia attenzione verso il fumetto d’autore e il manga più adulto; giusto per citare alcuni autori a me cari: Enki Bilal, Guido Crepax, Junji Ito, Inio Asano…

– Qual è il fumetto che avresti voluto disegnare tu e quello che è il tuo preferito di sempre?

Questa è una domanda difficilissima in realtà, perché penso di non essere l’unico che risponderebbe “dipende dal periodo della propria vita”. Però, dovendo fare una scrematura, direi che ci sono due titoli imprescindibili nella mia vita fin ora: “Enigma” di Milligan e Fegredo, e “Plastic Girl” di Usamaru Furuya (che, tra l’altro, è stato recentemente edito in Italia in un formato meraviglioso). Il primo è il mio preferito, in senso sentimentale, non solo per il fumetto in sé, ma anche per avermi indirizzato sui binari che oggi percorro nel raccontare storie; il secondo è un’opera d’arte che non smette mai di affascinarmi con la sua
complessità e con la sua follia, e che sì, avrei voluto disegnare io, ma non potendo farlo lo considero un buon punto di partenza verso lidi creativi inesplorati. Per me il lavoro dei grandi autori è sempre didattico.

– Ora parliamo di Spellbound che noi abbiamo avuto il piacere di leggere e recensire, questa è un’opera che colpisce immediatamente per il suo impatto visivo e narrativo. Da dove nasce l’idea per questa storia? C’è stato un momento preciso che ha ispirato la genesi del fumetto?

Credo che le storie vivano e decidano per sé stesse. E credo che il foglio bianco sia un’antenna spiritica per tutti quei fantasmi inquieti che, nell’etere, chiedono a grandi sospiri d’essere raccontanti. Spellbound (il titolo è un omaggio alla canzone omonima di una grandissima band del passato, i Siouxie and the Banshees, e in genere, alla figura così controversa e trasformista della cantante Siouxie Sioux) è una corsa che si è dipanata nella mia mente nell’arco di pochi secondi, dall’entrata nel bar della protagonista, alla sua
misteriosa “Dead End”. Anche se l’inquieta donna con i capelli neri fluenti si era palesata anche in passato, in altre tavole (edite e inedite), dove sembrava sempre passare dalla luce al buio, dal buio alla luce: da un grembo all’altro. Forse Spellbound è la sublimazione di queste esperienze precedenti.

– Come descriveresti il tuo approccio alla creazione artistica? Parti prima dalla narrazione o dalle illustrazioni?

Io e la creatività siamo in perenne conflitto e litigio, ho un rapporto molto passionale con il mio lavoro. Come già accennavo prima, immagini e narrazioni spesso sono concomitanti, ed è concomitante anche la visione di come dovranno essere graficizzate o dipinte. Già sapevo, anche solo nella fase pre-progettuale, che Spellbound sarebbe stato un fumetto in bianco e nero dai toni forti, da realizzare con uno strumento creativo inconsueto: in questo caso Microsoft Paint. Ma più coscienza ho di come dovrà essere il prodotto finito, più sarà per me complesso trasporlo. Insomma, un perfezionismo “capovolto”.

– Le tavole di Spellbound sono dense di simbolismo e dettagli. Quanto tempo impieghi per realizzare ogni illustrazione e come decidi quali elementi inserire?

Alcune tavole (non solo per questo fumetto ma in generale) vengono su in maniera del tutto felice e spontanea; con altre, aimè la maggior parte, devo lottarci strenuamente per farle fiorire dai rovi; come se non mi sembrassero mai abbastanza definite e concrete, non abbastanza vicine alla “visione”. Ed in genere richiedono molto tempo, e poi, purtroppo sono lento di natura. Per gli elementi da inserire vado spesso ad esclusione, perché quello che vedo con l’occhio della mente è molto più complesso di quello che poi arriva su carta, ed il tutto passa attraverso un’attenta riflessione su ciò che è più significativo e ciò che può rimanere in secondo piano, o che, per questioni di spazio fisico, non più entrarci.

– Hai in mente altri progetti che esploreranno temi o atmosfere simili a quelle di Spellbound?

Il mio tema più caro è l’esperienza femminile vissuta attraverso l’alienazione cittadina e sociale: sicuramente questo racconto è l’inizio di qualcosa, forse di una metamorfosi, che sono sicuro debba ancora guidarmi e dirmi molto in un futuro creativo. Per quello che riguarda le atmosfere, spero di far diventare quelle di heatherEXrose un marchio di fabbrica!

– In un panorama fumettistico sempre più variegato, come vedi il tuo contributo? Qual è, secondo te, la forza del fumetto come mezzo espressivo?

La forza espressiva del mezzo fumetto, quando non è guidato solo da esigente commerciali, può essere devastante, in senso positivo. È, a mio avviso, davvero un mezzo per eviscerare la realtà, senza però necessariamente diventare prosaici: ha una magia poetica intrinseca che spesso di dimentica. Per quello che riguarda il mio contributo, vorrei essere una lieve stranezza tra le pieghe della storia; un mistero non del tutto spiegabile, mai razionale. Vorrei che la scoperta di heatherEXrose lasciasse negli astanti uno sgomento colmo di meraviglia…

– Progetti futuri?

Più di quelli che in vita riuscirò a realizzare. Per citare una frase (abusata) del mio poeta preferito, Charles Baudelaire: “Malgrado il più acceso fervore, l’Arte è lunga ed il tempo è breve”.

In attesa di vedere tutti i suoi progetti futuri, ringraziamo ancora Francesco per il tempo che ci ha dedicato e per le interessantissime cose che ci ha raccontato.

Alla prossima…

Pat76 (IG: patperfetti) https://www.instagram.com/patperfetti/

5,0 / 5
Grazie per aver votato!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.