Pennadicorvo incontra Elisa “Eliselle” Guidelli.

Amici di Pennadicorvo bentornati! Abbiamo incontrato per voi Elisa Guidelli, in arte “Eliselle“, autrice di numerose opere tra cui la saga “She-Shakespeare” edita da Gallucci Editore.

Scrittrice, sceneggiatrice e giornalista di origini sassolesi è laureata in Storia Medievale all’Università di Bologna.

Il suo esordio avviene nel 2005 con “Laureande sull’orlo di una crisi di nervi.” edito da Effedue e da lì è stata un’escalation, fino al suo ultimo gioiello “Della stessa sostanza dei sogni“, terzo capitolo della saga “She-Shakespeare”.

Ciao Elisa e grazie di cuore per aver accettato di scambiare due chiacchiere con noi. Quando hai capito che scrivere poteva essere un vero e proprio lavoro?

Non c’è stato un momento preciso, è stato un percorso che dura da vent’anni. Ho sempre scritto, ma ho capito che poteva diventare un lavoro quando ho visto che le mie storie arrivavano ai lettori, che c’era un pubblico interessato a ciò che avevo da dire. Poi, la scrittura è meravigliosa perché la si può declinare per mille cose differenti, e in mille canali diversi, trasformando ciò che immaginiamo in racconti, romanzi, ma anche film e serie televisive. Però bisogna studiare sempre, mai dare nulla per scontato, e, soprattutto, non stancarsi di imparare.

Cosa ti senti di consigliare a chi si affaccia per le prime volte al mondo della scrittura?

Di leggere tanto e di scrivere senza paura. Di non aspettare l’ispirazione perfetta, ma di esercitarsi, di sbagliare, di riscrivere. E, soprattutto, di trovare la propria voce, senza cercare di imitare nessuno. E se agli inizi si sente il bisogno di farlo, allora di non avere paura di ispirarsi a un autore o agli autori che amiamo, perché pian piano, la nostra voce emergerà, e sarà sempre più decisa e definita, e ci renderà riconoscibili.

Quale è l’opera a cui sei più legata e per quale motivo?

Difficile scegliere, ma probabilmente “Della stessa sostanza dei sogni“, perché è la storia che chiude un progetto ambizioso, che unisce ricerca storica, introspezione e una riflessione più ampia sul ruolo delle donne nella letteratura e nella società. È il mio addio e allo stesso tempo il mio grazie a un personaggio che mi ha richiesto tanto, ma mi ha dato altrettanto. Questa è una trilogia che mi ha messo alla prova e mi ha permesso di dare una voce nuova a un personaggio a cui mi sono molto affezionata, e che mi spiace lasciare andare.

Da dove nasce l’idea di “rielaborare” un personaggio noto al femminile e perchè proprio Shakespeare?

Il progetto “She-Shakespeare” nasce dalla volontà di dare voce alle donne rimaste nell’ombra, immaginando cosa sarebbe successo se avessero avuto la possibilità di esprimersi, di scrivere, di incidere sulla cultura come gli uomini della loro epoca: di sicuro avrebbero dovuto inventare modi che a noi appaiono improbabili, eppure… Shakespeare è il punto di partenza perfetto perché è l’autore per eccellenza, e l’idea di rielaborarlo al femminile nasce anche dal famoso saggio di Virginia Woolf, “Una stanza tutta per sé“, dove si immagina la sorella di Shakespeare, Judith, dotata dello stesso talento ma privata delle opportunità. Quando lo rilessi per prepararmi a un reading dell’8 marzo di diversi anni fa, e mi accorsi di quanto fosse triste la sua vicenda, mi ripromisi di darle un finale diverso, e così ho fatto.

“Della stessa sostanza dei sogni” è un titolo evocativo, il motivo che ti ha spinto alla scelta di questo titolo?

La frase è tratta dalla Tempesta di Shakespeare: “Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni”. Per questo devo dire grazie al mio editor e a chi nella casa editrice si occupa di “battezzare” i libri: sono loro che hanno fatto la proposta e io l’ho colta al volo. Mi sembrava perfetta per questo romanzo perché Judith incarna proprio questo concetto: un sogno più forte di una possibilità negata, un desiderio di espressione che, nonostante tutto, trova un modo per emergere.

Se, quanto e come si è evoluta Judith dalla prima idea che hai avuto?

Quando ho proposto il primo volume della trilogia, il progetto era già nella mia mente, ma come spesso accade, Judith è cambiata molto nel corso della scrittura. All’inizio era più idealizzata, quasi un simbolo. Poi, man mano che la scrittura procedeva, ha preso una forma più concreta, con le sue fragilità, le sue paure e le sue passioni. È diventata più umana, più vera, più vicina a me. E mi auguro, anche a chi leggerà la sua storia.

Se e quanto è stato difficile l’utilizzo di personaggi realmente vissuti?

È sempre una sfida, perché bisogna trovare il giusto equilibrio tra realtà e finzione. Non si può tradire la storia, ma allo stesso tempo è necessario rendere i personaggi vivi, tridimensionali. Con Judith è stato particolarmente difficile perché, essendo un personaggio ipotetico, ho dovuto costruire la sua voce da zero, basandomi sulla biografia di William Shakespeare, e seguendo quindi la storia ufficiale. Declinandola sempre con la domanda “e se fosse stato una ragazza?”. Difficile, ma divertente!

Nel romanzo, così come nella vita reale, Judith prende ispirazione dalla vita reale e dai suoi sentimenti. Quanto di te c’è nelle tue opere e quanto in particolare in questa?

C’è sempre qualcosa di personale in ogni opera, anche se in forme diverse. In Della stessa sostanza dei sogni, c’è la mia passione per la letteratura, la voglia di riscrivere la storia dando spazio alle donne dimenticate, ma anche il desiderio di esplorare il concetto di identità, di libertà e di creatività femminile. E c’è anche il dubbio di Judith, relativo al suo lavoro, alla creatività, al senso che si trova in ciò che si fa, al senso di abbandono, che anche io sperimento nella mia vita, alla fine di ogni ciclo.

Pensi che esistano ancora oggi travestimenti che le donne devono indossare per affermarsi in certi contesti?

Purtroppo sì. Anche se abbiamo fatto progressi, esistono ancora pregiudizi e stereotipi che condizionano le donne, soprattutto in ambiti considerati “maschili”. A volte, per essere prese sul serio, dobbiamo ancora camuffarci, adattarci, recitare un ruolo. Ma è proprio per questo, secondo me, che è importante raccontare storie come quella di Judith, e quelle delle donne che hanno costruito il nostro presente, soprattutto quelle lasciate da parte.

Quanto pensi che Judith possa essere un esempio per le generazioni future?

Credo che Judith sia un simbolo di tutte le donne che hanno dovuto lottare per esprimersi, per essere riconosciute. La sua storia può ricordarci quanto sia importante continuare a cercare spazi di libertà e di creatività, senza lasciarsi definire dai limiti imposti dagli altri.

Cosa hai nel cassetto delle idee? Progetti in arrivo?

Ci sono sempre idee in fermento! Sto lavorando a nuovi progetti che esplorano ancora una volta figure femminili fuori dagli schemi, e spero di poterli condividere presto.

Ringraziamo nuovamente “Eliselle” per il tempo che ci ha dedicato e ci auguriamo di poter gustare quanto prima le sue nuove opere.

Un abbraccio “Senza Cera”

J-Crow

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