La Guerra dei Papaveri

Nel 2018 arriva nelle librerie “La guerra dei papaveri” (in lingua originale “The Poppy war”), primo volume di quella che sarà poi una trilogia pubblicata in Italia da Oscar Mondadori. L’autrice dell’opera fantasy è Rebecca F. Kuang, nata in Cina e cresciuta poi in America. Ed è proprio la storia del popolo cinese o meglio, una parte importante di essa, ad essere fulcro del romanzo della Kuang che sfrutta senza pietà questo mezzo per rivendicare questioni come l’identità culturale di un popolo, ma soprattutto per parlarci di temi come guerra, rabbia, vendetta e dipendenze. Sì perché altro protagonista indiscusso di questa storia è l’oppio: non solo simbolo di tutto ciò che rappresenta la debolezza e la tendenza alla sopraffazione dell’essere umano ma gancio per quella che è la cornice storica del libro.

La trama in breve

Rin, un’orfana di guerra, riesce a superare il kējǔ ovvero l’esame imperiale che permette l’accesso alla Sinegard, la più prestigiosa Accademia di tutto il Nikan. Scuola per futuri militari e soprattutto luogo in cui la giovane scopre i propri poteri sciamanici, strumento potenzialmente letale in primo luogo per chi ne usufruisce.

Partendo da questi presupposti il libro è strutturato in tre parti principali che narrano la formazione di Rin. Diverse battaglie, a cominciare da quelle interiori, vengono portate avanti dalla nostra giovane protagonista alle prese con il diventare una donna guerriera. Tutto ciò avviene con un ritmo crescente che inevitabilmente sfocia nella guerra, per l’appunto la terza guerra dei papaveri che vede scontrarsi l’impero del Nikan e la Federazione di Mugen.

I personaggi

Dalle prime pagine è palpabile il motore che spinge ad agire l’eroina della nostra storia. Anche se mai come ne “La guerra dei papaveri” eroe è un termine riduttivo.

Proprio come nella realtà, in un luogo dove esiste la guerra, i veri protagonisti sono il potere e la distruzione.

I personaggi della Kuang, come in tutte le storie che si rispettino, sono grigi, corrotti. La morale è continuamente messa in discussione, il sentimento di vendetta è pervadente.

Insomma, l’opera si colloca nel sottogenere del “grimdark fantasy” e ne ha tutte le ragioni. La realtà nel romanzo della Kuang è cruda e sporca di sangue. I buoni non sanno più quanto sono davvero buoni nel momento in cui sono messi di fronte alla guerra e a combattere contro altri.

“You will be offered power beyond your imagination.

But I warn you, little warrior. The price of power is pain.”

Se andiamo a trattare Rin nello specifico, ulteriori temi si affrontano inevitabilmente essendo la nostra protagonista a inizio racconto una sedicenne con la pelle e l’aspetto diversi da quelli degli altri, discriminata, ma anche determinata, forte, sfacciata e rabbiosa. Ed è grazie alla rabbia che Rin scopre quali sono i valori per cui è disposta a lottare, a sacrificare se stessa ed il proprio corpo.

La Storia di un popolo

La guerra non determina chi ha ragione. La guerra determina chi resta.

Uno degli aspetti più interessanti di questo fantasy è senza dubbio l’epoca storica da cui trae ispirazione. Il conflitto tra il Nikan e la Federazione nemica è un non troppo velato riferimento alla seconda guerra sino-giapponese (1937-945) scenario dell’atroce evento conosciuto come “Massacro di Nanchino”. R.F. Kuang ha affermato che la protagonista del libro è ispirata a Mao Zedong. Anche i racconti che si fanno sull’uso di droghe in battaglia provengono chiaramente da avvenimenti reali.

In conclusione

Insomma “La guerra dei papaveri” è un fantasy leggermente diverso da quelli che conosciamo, è viscerale, spietato, a tratti molto violento. Un racconto che mette alla prova e che è quindi consigliato a quei lettori affamati, pronti per storie intense e riflessioni profonde. Ci ricorda continuamente il tentativo perpetuo dell’essere umano che cerca di dominare gli eventi della storia, dimenticandosi di ciò che non può controllare, di ciò che è più grande di lui. Ma Rin ci dimostra che anche nel caos più brutale si possono compiere delle scelte.

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