Ogni 20 anni circa Kevin Costner puntalmente ritorna dietro la macchina da presa per girare lungometraggi del suo genere preferito, il western, dapprima con Balla coi lupi del 1990 e successivamente attraverso la regia di Open Range nel 2003.
Eccoci dunque ad Horizon: An America Saga, dove già dal titolo si percepisce che la storia (e la durata complessiva) sarà piuttosto lunga. La seconda parte è già stata girata ed uscirà nelle sale a metà agosto: si pensa però già ad un terzo e quarto capitolo. Un saga appunto, o meglio un’epopea, quella dei coloni americani, che passo dopo passo conquistarono tutto il territorio degli attuali Stati Uniti. Tutto questo, come sappiamo, a danno delle popolazioni indigene che furono relegate in alcune piccole riserve ed ancora vivono ai margini della società.
La trama o meglio le trame (senza spoiler, tranquilli!)
Avevamo lasciato Costner cavalcare nelle praterie del Montana nella serie Tv Yellowstone, arrivata alla quinta e sembrerebbe ultima stagione… e lo ritroviamo sempre a cavallo e con gli stessi grandi orizzonti, ma in un’epoca completamente diversa. Yellowstone infatti è ambientata nel nostro presente, mentre Horizon: An America Saga inizia nel 1859, pochi anni prima della guerra civile che dilanierà gli Stati Uniti. La trama del film è forse l’aspetto più complicato da raccontare: essa non può che essere incompleta, (come detto ci saranno altri 3 film – uno di sicuro – che chiuderanno la storia), ed almeno in questa prima parte ci sono due racconti principali che non si sono ancora tra loro collegati. Da una parte infatti abbiamo un gruppo di coloni che viene attaccato una notte dai “pellerossa” e sarà poi recuperato e tratto in salvo dall’esercito americano.
L’altro racconto all’interno del film vede il cowboy Hayes Ellison (Costner) a doversela vedere con una banda di bruti che cerca di mettere le mani su un bambino di appena due anni. Costner fa la sua comparsa dopo circa un’ora e mezza, e ciò rende l’idea di come il tempo sia piuttosto dilatato in questa pellicola. La sua apparizione ricorda molto il maestro del genere John Ford, e lui ha tutti i tratti tipici dell’eroe di questo genere cinematografico.
Te lo aspetti esattamente così com’è mostrato e tratteggiato nel personaggio. Così non stupiscono i suoi baffoni ed il cappello sempre indosso, e nemmeno il fatto che sia taciturno e schivo, con quell’aria vagamente malinconica che viene esaltata dagli occhi color ghiaccio di Costner.
Come detto questo solitario cavaliere non esiterà un attimo a mettersi in mezzo ad una vicenda a lui estranea solo per salvare un bambino innocente e la ragazza a cui è stato affidato. Nonostante poi sia un uomo abituato ad una vita dura, tratta da vero gentiluomo le donne, tanto che l’inevitabile love story con la sua “protetta” nascerà più dal desiderio di lei che dall’intenzione di lui. All you need is love!
Una terra promessa (forse anche un po’ maledetta)
“Una terra promessa, un mondo diverso, dove crescere i nostri pensieri!” così cantava Ramazzotti nel 1984, e seppur i coloni americani non avessero modo di ascoltare il cantautore romano, essi cercarono disperatamente un luogo dove aver finalmente una speranza di una vita migliore. Il sogno di molti però si infranse non solo per le difficoltà oggettive di viaggiare attraverso un territorio climaticamente ostile e selvaggio, ma anche per l’avversione sempre maggiore dei coloni, i quali si sentirono sempre più minacciati dai “visi pallidi”.
Non è dunque un caso che nella storia umana ogni volta che si palesa una (presunta) terra promessa, ci sono anche violenza e genocidi: di solito si fronteggiano due popoli, uno che arriva ed uno che invece quello spazio lo abita da secoli, ed uno dei due dovrà perire. Vi ricorda qualcosa della nostra stretta attualità? Vi è forse una popolazione che è rinchiusa in una “striscia” come oggi i nativi americani sono relegati nelle loro riserve? Diciamolo con forza, ogni riferimento al nostro presente non è puramente casuale.
La meta tanto agognata è dunque causa del conflitto con i nativi e dunque la via per arrivarci è lastricarti di morti (e di tombe). L’illusione di raggiungere Horizon, come recitano i manifesti che i personaggi si passano tra loro, diventa quasi una maledizione, e vedremo nei successivi capitoli di questa saga a quali nefandezze arriveranno i protagonisti di questa storia per trovare la loro “dimensione”.
La rappresentazione dei coloni e dei “pellerossa” colloca il film nel filone del cosiddetto western revisionista, sottogenere nato alla fine degli anni ’60, dove né i bianchi né gli indiani sono beatificati, perché entrambi commettono atrocità e dunque non ci sono innocenti, ma una serie di vittime innocenti. Inoltre le ambientazioni sono rese più realistiche: i costumi più sporchi e stracciati, la polvere domina, tanto che si parla di dirty western (western sporco). Horizon: An American Saga ha tutto ciò che non può mancare in un moderno western: paesaggi ampi e spettacolari, fango, sudore, cavalli, carri, scalpi e frecce.
Croce e delizia della “saga”: una durata eccessiva?
Dicevamo di come l’intera vicenda ruoti attorno al raggiungimento di una fantomatica “terra promessa”. Nei successivi capitoli di questa saga infatti si presume che le vicende narrate che adesso appaiono tra loro separate, si intersecheranno proprio con al centro l’Horizon che si vorrebbe conquistare. Si è anche già esposto di come il progetto complessivo preveda ben 4 film della durata di circa 3 ore ciascuno. La durata appunto rischia di essere la caratteristica principale negativa di questo franchise. Certamente Costner, che è al tempo stesso attore protagonista, regista, produttore e sceneggiatore, ha avuto coraggio nel concepire (e finanziare) un simile progetto.
Ci si chiede però se non sarebbe stato più godibile per lo spettatore proporre tale storia nel format di una serie Tv (magari con diverse stagioni). Horizon: An American Saga poteva infatti tranquillamente essere il prequel di Yellowstone, anzi meglio, il prequel del prequel, visto che tra la fine di uno e l’inizio dell’altro ci sarebbe quasi tutto il novecento da raccontare. Tale aspetto è aggravato dal fatto che il genere western non gode di ottima salute, almeno nell’ambito cinematografico. Solo il tempo (e gli incassi) ci diranno se Costner ha avuto o meno ragione. Di certo è il film giusto se si vuole conoscere un pezzo di storia americana, la cui società ancora oggi risente del modo in cui si formata, ovvero attraverso l’uso delle armi e lottando disperatamente per un pezzo di territorio.
Ecco il trailer dell’odierna epopea del west.