Hazel la morta – Dylan Dog 447

Se Hazel chiama al cellulare, è molto meglio non rispondere: cinque giorni possono non bastare per salvarsi la vita. Mentre una serie di morti cruente traccia una scia di sangue per le strade di Londra, spetta a Dylan indagare su un’inafferrabile entità che sembra essersi risvegliata da un sonno centenario. Ma ognuno di noi nasconde un segreto, e quello di Sarah è legato a una sinistra filastrocca che recita: “Hazel la morta bussa alla porta”…

Hazel la morta è il secondo albo del trittico di storie sulla tecnologia, e sulle insidie che questa può arrecare. Il tema della tecnologia è da sempre usato da chi racconta horror. Basti pensare a pellicole come Ring, The Call e tante altre pellicole citate nel sempre ricco di spunti Horror Club.

Il soggetto di Barbara Baraldi, splendidamente sceneggiato dal duo Porretto-Mericone, affronta il rapporto che l’essere umano ha con la tecnologia in modo viscerale, coinvolgendo un gruppo di amici ed i loro segreti.

Tutto parte da una telefonata a partire dalla quale chiunque la riceve è destinato a morire entro cinque giorni. Una maledizione dovuta a cosa? Ma soprattutto che origini ha?

Come sempre nulla e scontato, e sarà l’acume investigativo di Dylan a scoprire che la tecnologia ha il suo ruolo in questa storia molto calata nella contemporaneità, segno distintivo di cui Barbara Baraldi si è fatto portavoce, affinché Dylan parli a noi e di noi.

La parte grafica, di un eccellente Antonio Marinetti, veterano di Julia ma perfettamente a suo agio tra gli orrori di Craven Road, realizza un albo di eccezionale impatto grafico, che spesso rompe la gabbia bonelli in funzione di una narrazione non lineare e su più piani della realtà (quella reale e quella informatica). La soluzione grafica utilizzata per rappresentare i glitch è molto convincente, cosi come la frammentazione della tavola di pag. 31.

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