
Dopo 14 anni di assenza, la saga di Final Destination torna sul grande schermo con il sesto capitolo, Final Destination: Bloodlines. Un film attesissimo dai fan storici del franchise, che hanno vissuto l’epoca d’oro di un horror in cui la Morte non indossa un mantello da mietitore, ma agisce invisibile, come una forza inevitabile e beffarda.
Questa nuova pellicola rappresenta anche l’ultima interpretazione dell’indimenticabile Tony Todd, scomparso nel novembre 2024, nei panni del misterioso impresario di pompe funebri William Bludworth. Apparso per la prima volta nel Final Destination originale del 2000, Bludworth è da sempre il punto di riferimento per le vittime della Morte, il personaggio che fornisce le (poche) risposte e i molti brividi.
Un film dedicato a Bludworth… ma con poco da dire
Proprio su Bludworth si concentra molta della curiosità dei fan. Chi è davvero? Un angelo? La Morte stessa? O qualcosa di ancora più oscuro? Il co-regista Adam Stein promette risposte in questo capitolo: “È un angelo, è il diavolo… chi è quest’uomo? In questo film rispondiamo a queste domande”, afferma in uno speciale dedicato. Il produttore aggiunge che scopriremo “chi è veramente, da dove viene e qual è il suo legame con il franchise”. Anche l’attrice Brec Bassinger promette: “Finalmente capirete perché sa così tanto su come sfuggire alla Morte.”
Peccato che, a conti fatti, questo Bloodlines sembri più interessato a cavalcare il nome della saga piuttosto che a offrire una vera innovazione narrativa.
Di cosa parla Final Destination: Bloodlines?
La trama ruota attorno alla protagonista Stefanie, tormentata da un incubo ricorrente che la spinge a lasciare il college per tornare a casa. Il suo scopo? Trovare l’unica persona in grado di interrompere un ciclo mortale che colpisce la sua famiglia da generazioni. Una sinossi che, anche senza spoiler, rivela già la debolezza del film: piatto, prevedibile, privo di tensione autentica.
Il film cerca di attrarre i nostalgici, ma si limita a riproporre gli stessi schemi triti e ritriti, come spesso accade nell’industria cinematografica quando le idee scarseggiano. Il genere horror non è certo immune a questo meccanismo, e anzi sono proprio le saghe storiche a essere rispolverate con più frequenza e meno ispirazione.
Morte spettacolare, ma senza sostanza
Quello che Bloodlines offre è una sfilza di morti splatter, esagerate al punto da risultare comiche. I personaggi, purtroppo, sono stereotipati, piatti, irritanti, e spesso così sciocchi che lo spettatore finisce quasi per tifare per la loro dipartita.
Il vero problema è che la Morte — intesa come entità centrale della saga — non viene sfruttata a dovere. La sceneggiatura ci racconta soltanto che, decenni prima, una donna ha salvato centinaia di persone da una tragedia. E da allora, la Morte cerca di recuperare quegli “anelli mancanti” nella catena fatale. Una premessa poco sviluppata, che non aggiunge nulla di nuovo al mito della saga.
Il testamento (sprecato) di Tony Todd
Come già detto, Bloodlines è anche l’ultima apparizione di Tony Todd nei panni di Bludworth. Un personaggio iconico, che avrebbe meritato molto di più in questo epilogo cinematografico. La sua presenza, pur carismatica, non basta a risollevare un film che manca di tensione, di ritmo e soprattutto di intelligenza narrativa.

Il nostro giudizio (senza mezzi termini)
Siamo consapevoli di essere drastici, ma lo diciamo senza giri di parole: Final Destination: Bloodlines rappresenta una delle peggiori derive possibili per il genere horror. La morte dei personaggi non è mai l’apice drammatico di un crescendo di tensione, ma diventa spettacolarizzazione sterile, quasi una giostra del macabro che non spaventa, ma fa al massimo sorridere (amaramente).
Un film come questo può forse intrattenere quattordicenni annoiati, alla ricerca di qualche brivido tra pop-corn e bibite gasate. Ma per chi cerca qualcosa di più dal genere — suspense, sottotesti, atmosfera — questo sesto capitolo non offre nulla. Solo una collezione di decessi sempre più ridicoli e privi di senso.
Conclusione
L’unico aspetto apprezzabile del film è la sua colonna sonora, che include pezzi memorabili come Something’s Got a Hold on Me di Etta Jones, Come As You Are dei Nirvana, Who Wants To Live Forever dei Queen, e soprattutto la straordinaria Without You di Harry Nilsson…almeno non hanno badato a spese per quanto riguarda i diritti d’autore!