
Fabrizio Sansone e Federico Sansone, in arte I Sansoni, oltre ad essere i protagonisti di questo film ne sono anche sceneggiatori (insieme a Fabrizio Testini). Per chi non li conoscesse, sono due giovani comici siciliani, che nati sul web, (dove i loro video hanno raggiunto 400 milioni di visualizzazioni sulle varie piattaforme), hanno poi diversificato la loro attività attraverso la partecipazione a programmi TV (ad esempio a Striscia la notizia) e con spettacoli teatrali dove portano in giro la loro comicità. Come altri recenti comici (Angelo Duro, Checco Zalone, i The Jackal, ecc..) tentano ora la fortuna attraverso il loro primo lungometraggio.
La trama: galeotta fu la raccomandazione e chi ne beneficiò.
In Sicilia, tre case, tre famiglie e tre ragazzi, e (quasi) lo stesso obiettivo: vincere il concorso per un posto da impiegato nell’ufficio legale del Comune. Federico, laureato in giurisprudenza, ma solo per compiacere il padre consigliere, spera in una sua raccomandazione; Fabrizio, avvocato sulla carta, ma non praticante nella vita, tenta di superare l’ennesima prova statale e Luca che da quando è nato ha avuto sempre la strada spianata. Al famigerato concorso tuttavia succede l’imponderabile, il destinatario della raccomandazione sbaglia a scrivere la frase concordata con il presidente della commissione e ne approfitterà uno dei 3 ragazzi sopra menzionati. Vinto il concorso in questo discutibile modo tuttavia, cominceranno i problemi (che non vi sveliamo!).

Analisi del film: una commediola infarcita di buonismo e (lieve) critica sociale.
Dobbiamo dire subito cosa proprio non va in questo film, e non saremo brevi. Leggerete infatti critiche edulcorate e tutto sommato gentili nei confronti dell’opera prima di questi due giovani comici. Certamente loro ce l’hanno messa tutta e si capisce che sono due bravi ragazzi animati dalle giuste intenzioni. Un punto a loro favore è certamente la loro comicità mai volgare e la voglia di presentare allo spettatori tematiche oggi drammatiche con una leggerezza che non consente però di elevare l’opera (né di sperare che la loro “denuncia” scuota la nostra società).
La triste verità è che, come per altri recenti comici, l’industria cinematografica decide di puntare su talenti emergenti, forti di innumerevoli visualizzazioni social, (così si risparmia anche sul marketing di promozione del film!), con un budget basso in modo da massimizzare i profitti: così è stato fatto con Angelo Duro che è campione di incassi con il suo Io sono la fine del mondo e per il primo Checco Zalone di Cado dalle nubi. Il risultato però in questo caso è piuttosto modesto pur non essendo ai livelli di trash di Pio ed Amedeo (che sono già al loro secondo film…sigh!).
La comicità dei Sansoni infatti non ha l’intelligenza e l’acume di Checco Zalone, né l’irriverenza di Angelo Duro e non li aiuta nemmeno il fatto di essere un duo siciliano perché è quasi fisiologico andarli a paragonare a dei (ormai) mostri sacri come Ficarra e Picone. Il déjà-vu è fortissimo con questi ultimi non solo per l’ambientazione e l’accento siculo ma soprattutto perché già Ficarra e Picone hanno raccontato in Andiamo a quel paese (2014) le vicende tragi-comiche che possono nascere dall’essere (o meno) raccomandati per un concorso pubblico. Già…le raccomandazioni!
Il nostro bel Paese è l’emblema del posto fisso e della diceria (a volte purtroppo comprovata) che si vinca un concorso pubblico grazie alla “spinta” di qualche potente. Il film tratta di questo e non vi sono novità ma i soliti stereotipi sul fatto che (una parte) dei politici rubano, che gli uffici pubblici sono popolati da gente che timbra e non c’è mai in ufficio, e così via.

Insomma il film non aggiunge nulla e pur essendo godibile non riesce a “graffiare” con la critica sociale che pure servirebbe per far smuovere le coscienze di una società che sembra ormai accettare come “male necessario” il fatto che per avere un posto (in paradiso) si debba scendere a compromessi. I personaggi poi, dai protagonisti ai comprimari, sono tutti piatti, non hanno una evoluzione né una profondità.
Un film è giusto che sia leggero ma basta questo? Il rischio è che realizzare lungometraggi del genere li condanni in pochi anni ad un (giusto) oblio senza nemmeno la possibilità, in decenni lontani, che qualcuno li recuperi come “cult” come successo perfino per i poliziotteschi o per la commedia sexy degli anni ’70, a suo tempo fatti a pezzi dalla critica ed oggi oggetto di venerazione per una schiera di accaniti fan (tanto che perfino uno come Alvaro Vitali ancora ha suoi estimatori…sui quali sospendiamo per decenza ogni giudizio).
Quello che manca in definitiva a questo lungometraggio non è solo l’assenza di elementi di novità ma anche il coraggio per osare, per distinguersi dalla massa di commediole che la nostra industria sforna ogni anno e che spesso un occhio non attento fatica a distinguere tra loro. Capiamo le ragione di voler lasciare che tutto scorra senza troppi drammi o momenti malinconici, ma ci sia permesso di eccepire come sarebbe potuto anche non esserci un lieto fine (attenzione semi-spoiler) dove tutto va al suo posto e “tutti vissero felici e contenti” che è stucchevole e perfino irriguardoso di fronte ad una tematica che meriterebbe un approccio più serio.
“Te lo meriti Alberto Sordi” gridava Nanni Moretti in un bar in Ecce Bombo nel 1978 e forse oggi il pubblico italiano si merita questi film leggeri tanto per passare un paio di ore e scordarsi i problemi reali della vita, spesso causati anche dalla non meritocrazia che caratterizza la nostra società. Auspichiamo dunque che i Sansoni maturino nella loro comicità in primis per far ridere, (perché nel film si ride pochissimo), ma soprattutto per affrontare tematiche radicate, complesse e spesso drammatiche che attanagliano oggi le generazioni più giovani.