Dal Giappone col cartone

“Perché almeno una volta nella vita dovreste aver visto un film animato giapponese”

Vita.it: “Dopo Fukushima: Hayao Miyazaki dona 300 milioni di yen per un parco giochi”.

Quando si parla di cinema orientale e soprattutto di “anime”, la maggior parte delle persone non la prende benissimo e lascia trasparire quell’insofferenza, quella morte interiore che si prova quando, davanti a te, l’amabile signora anziana inizia a chiacchierare con la cassiera del supermercato. L’animazione giapponese, in realtà, non è mai stata presa sul serio dal pubblico cinematografico nostrano o meglio è stata sempre bollata come “una roba animata dove personaggi, di varia natura e provenienza, sparano sfere luminose, si trasformano in robot giganti, fanno mosse di karate e altre cose strane”.
Ma dietro questo ennesimo stupido cliché si nasconde l’abitudine di un consumo  monopolizzato dai prodotti d’intrattenimento che Walt Disney ha portato sui grandi schermi di tutto il mondo dagli anni Trenta fino ai nostri giorni, dando vita a un vero e proprio impero.
Ad alcuni risulterà un’ovvietà, mentre a tanti altri un’eresia, ma la realtà dei fatti è che non esiste animazione migliore al mondo di quella giapponese. L’equazione è semplice e, per molti, indigesta: animazione giapponese maggiore di animazione occidentale. Andando più nello specifico Hayao Miyazaki maggiore di Walt Disney. La missione terrena di questo articolo è farvi capire cosa vi state perdendo e, a chi ne avesse voglia, di approcciarsi a questo genere con qualche suggerimento di visione.

“Non si è mai troppo grandi”

Sfatiamo immediatamente un mito: l’animazione non è roba unicamente per mocciosi e, posso dirvelo con certezza, non esiste alcuna legge al mondo che vieti la visione di opere simili superata una certa età.
Basti pensare ai recenti “Coco” e “Soul” dove la centralità della trama si sviluppa su tematiche non proprio allegre e leggere, pensate per soddisfare maggiormente il pubblico adulto. Direte voi che questo “trend” è sempre esistito: anche ne “Il Re Leone” (1991) e, ancora prima, in “Bambi” (1942) si parlava di morte. In quei casi, però, si trattava di un espediente narrativo – il cosiddetto “effetto orfano” – che serviva agli autori per aumentare da subito l’empatia con il personaggio principale e per aumentare l’effetto del lieto fine sullo spettatore allo scoccare dei titoli di coda. Nulla a che vedere dunque con la centralità della Festa dei Morti o dell’Aldilà o tematiche più “mature” all’interno delle trame che troviamo nelle animazioni più recenti. Quindi state sereni se vi viene propinato o – peggio ancora – vi viene voglia di vedere un film di animazione: è tutto ok!

“Perché siamo così legati ai film Disney”

Ma ritorniamo ai film di Miyazaki. Se sono tanto belli e superiori, perché non hanno mai avuto il successo che gli spetterebbe? Pura e semplice abitudine di visione. Siamo sempre stati abituati dal mercato a vedere film Disney. Se fosse stato dato lo stesso spazio ai film giapponesi, probabilmente questo articolo non sarebbe esistito. Con gli anni, questo senso di assuefazione si è tradotto in fidelizzazione dello spettatore e ora pensiamo che non esistano altre animazioni degne al di fuori dell’Impero Disney. E’ chiaro che non è così. Non voglio sminuire i cosiddetti “classici”, ma se li analizzassimo da punto di vista tecnico/cinematografico, non reggerebbero mai il confronto con la complessità, la profondità e la magnificenza del cinema di Miyazaki e dello Studio Ghibli.

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“Chi è Hayao Mizaki?”

Per chi non conoscesse le imprese del maestro dell’animazione giapponese, andate pure a leggere su Wikipedia. E’ gratis e, comunque, avrei preso da lì le info che poi vi avrei proposto con parole diverse per non farvi capire di averle copiate.
Preferisco parlarvi subito di alcuni suoi film. Prendete carta e penna o – per i nativi digitali – smartphone e block notes e segnatevi da qualche parte questi titoli.

“Les incontournables”

Il castello errante di Howl - Wikipedia

Avarizia, potere, infanzia, politica, globalizzazione, rispetto della natura e inquinamento, female empowerment, continua lotta tra bene e male, amore, condizione della classe operaia, amicizia, famiglia sono solo una piccolissima parte dello scibile delle tematiche trattate dal maestro che ha dato i natali allo Studio Ghibli e che vi dovrebbero perlomeno convincere a concedergli una chance. I suoi film sono un viaggio infinito nella magia del cinema, dove i miti e le leggende della cultura orientale si incontrano e si scontrano con la realtà dei nostri giorni per farci ridere, piangere, riflettere e per, poi, cambiarci. Ogni “viaggio” è un inno alla meraviglia, un’esperienza visiva e artistica unica che vi farà tornare bambini per un po’ e che, alla fine, vi riporterà nei vostri corpi da adulto con uno spirito differente.
Il mio personalissimo podio è composto in ordine da “La Città Incantata” (2001), “Principess Mononoke” (1997) e “Il Castello Errante di Howl” (2004). Tuttavia se siete alle prime armi, vi consiglio di partire dall’ultimo gradino del mio podio per poi approcciarsi con un occhio più allenato e più consapevole a opere più complesse, come “La Città Incantata”. Un piccolo consiglio nel consiglio: di quest’ultimo titolo, approfondite con articoli appositi tutti i significati nascosti nelle scene e la poesia che si cela in ogni sua parte.
Ma per favore non fermatevi qui! Lasciatevi travolgere dalla grazia e dalla magia de “Il Mio Vicino Totoro”; oppure respirate l’odore del pane appena sfornato in “Kiki Consegne a Domicilio”; o meglio ancora, salite a bordo dell’idrovolante di Marco Pagot in “Porco Rosso” per combattere i fascisti e per godervi il tenero omaggio che il maestro ha voluto dedicare al nostro Belpaese (che ama oltremodo non solo per il nostro cinema). Stiamo sventolando da mesi il tricolore per “Luca”, ultimo lavoro della Pixar, e non vogliamo concedere una chance a “Porco Rosso”?
Tutti questi capolavori potete trovarli disponibili nel catalogo Netflix.

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Ora non vi resta che recuperare queste perle. E quindi, senza indugi, come dicono in Giappone, 良い視力! O almeno così Google Traduttore dice che si scrive “Buona visione!” in giapponese.

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“Il tipo che urla: “Shhh!” nei cinema”
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