Companion: l’ennesimo film sulla lotta tra robot ed umani?

La locandina del film

Chi scrive di cinema ed ha la possibilità di visionare decine e decine di film incorre spesso nell’errore di giudicare un lungometraggio già dal trailer o dalla locandina. Difficilmente tuttavia capita che partiti con bassissime aspettative si rimanga in realtà stupiti da un film che mescola abilmente thriller, commedia romantica e sci-fi, con accenni alla attualissima tematica della condizione della donna. È questo il caso di Companion, che uscirà nelle sale il 30 gennaio e che rappresenta un originale variazione al tema del confronto tra uomini e macchine.

La trama (spoiler free)

Il film inizia con la voce narrante di Iris (interpretata da Sophie Thatcher già vista in “Yellowjackets”e “The Boogeyman”) che racconta la sua storia d’amore con Josh (che ha il volto di Jack Quaid, e ve lo ricorderete in “The Boys” ed in “Spider-Man: Across the Spider-Verse”?).

Il primo incontro tra la ragazza della porta accanto, ingenua e dolce, e il classico sfigatello imbranato in un supermarket è quanto di più stucchevole, stereotipato e “finto” si possa immaginare.

Per farla breve i due innamorati decidono di passare un weekend in uno splendido cottage in riva ad un lago lontano diverse miglia dal primo centro abitato. Ad accoglierli altre due coppie di amici. Iris però non sembra molto contenta perché Eli, la compagna del padrone di casa Sergey (un russo in apparenza molto losco), non nutre particolare simpatia per Iris “per quello che lei è“.

Tutto sembra procedere in maniera serena finché Iris torna nella casa coperta di sangue perché ha dovuto uccidere Sergey che la stava per violentare. Da questo momento la vicenda prende una piega inaspettata sia per gli spettatori sia per lo stesso Josh.

Qui finiamo di svelarvi la trama del film, aggiungendo però un particolare che è già intuibile dalla locandina e dunque non può essere considerato uno spoiler: Iris infatti tanto gentile e perfetta non è infatti umana… ma un androide!

Che bella coppia…pare quasi…artificiosa!

Non è una storia banale né prevedibile

Si è detto già all’inizio, andare con una idea preconcetta su questo film significa rimane stupiti (o delusi) da quello che questa storia racconta. Non si tratta infatti della classica trama dove un robot perfetto improvvisamente impazzisce e comincia ad uccidere tutti. Non siamo dunque di fronte ad un remake di Megan (2022) né di Subservience (2024), perchè l’intento del regista Drew Hancock non è quello di generare paura attraverso scene horror (che non ci sono) o splatter (ok qualcuna è presente, ma molto soft!), ma cerca di affrontare tematiche attuali (e che lo saranno sempre di più in futuro) quali la distopia delle macchine che si ribellano all’uomo ed il ruolo della donna ancora vista da tanti uomini come mero oggetto sessuale sul quale avere ed esercitare un potere o una violenza (mentale e fisica).

In realtà se si legge bene lo scorrere di questa storia emergono altre riflessioni che riguardano tanto l’amicizia (soffocata dagli istinti di avidità) quanto la condizione di tante persone che oggi si sentono inadeguate, abbandonate, e che vorrebbero di più da questa società così sorda alle loro speranze e desideri: tutto ciò è incarnato da Josh, meschino e talmente sfigato che perfino Iris gli dirà “Non sei tu il problema… sono io!“, frase spesso usata dagli esseri umani in maniera ipocrita e vigliacca ma che in bocca ad un androide diventa uno dei momenti più di ilarità del film.

Un sorriso benevolo o malevolo?

Dicevamo di Josh, la cui insignificante e mediocre vita lo conduce ad un piano atroce per avere finalmente quello che ha sempre sognato. Da bravo ragazzo diventa il villan e cercherà di passare sopra a tutto ed a tutti (umani ed androidi) per avere il suo pezzo di paradiso.

I rapporti interpersonali che (forse) ci aspettano

Il film fornisce una visione di un futuro piuttosto prossimo dove tanti esseri umani cercheranno conforto affettivo (e sessuale) da esseri non più umani, ma che grazie all’intelligenza artificiale ed ai progressi tecnologici saranno in tutto e per tutto simili a noi.

Simili appunto, ma non uguali e per certi versi perfino migliori di noi! Si è spesso detto che l’uomo sarà sempre superiore alle macchine perché capace di provare emozioni ed a causa di queste permettersi anche di essere irrazionale. Le macchine potranno essere più forti o più intelligenti di noi, ma non proveranno mai quello che sentiamo noi. Lo dice spesso Josh ad Iris non solo per farle comprendere la vera realtà ma anche per sminuirla, perché lui è la persona reale e lei è soltanto un prodotto, da usare e sfruttare all’occorrenza senza dover avere rimorsi o sensi di colpa.

Companion invece perpetra l’idea che alla fine l’intelligenza artificiale evolverà da sola consentendole di replicare, anche in maniera inaspettata, le sensazioni e gli stati d’animo che noi proviamo.

In futuro dunque sarà sempre più difficile relazionarsi con altri essere umani soprattutto con quelli con i quali si vuole costruire una relazione. Ciò è dovuto sia ad una società sempre più chiusa e dove ci si sente sempre più soli, ma soprattutto dove non siamo più disposti a scendere a compromessi per far durare un rapporto.

Dopo una prima fase di passione o di innamoramento infatti emergono i difetti dell’altro e non sempre possiamo o vogliamo accettarli. Ecco dunque la soluzione, artefatta: scegliamoci un androide di nostro gusto (un “companion” appunto) che sarà esattamente come lo vogliamo sia fisicamente sia come livello di intelligenza, che ci dica sempre di sì e sia sempre gentile, servizievole e disponibile per ogni nostra esigenza (o perversione).

Una delle scene più emblematiche del rapporto uomo/macchina o meglio padrone/servo

Le (tante) citazioni presenti

Uno degli aspetti che maggiormente colpiscono di Companion sono le tante citazioni da altri film. Quanto ai rapporti sentimentali tra uomo e macchina come non pensare allo spendido “Her” (2013) dove il protagonista si innamora semplicemente di una voce o “Blade Runner 2049” nel quale Ryan Goslin ha un rapporto affettivo con un ologramma, anche se tra i capostipiti di queste tematiche c’è niente meno che una commediola italiana del 1980 dove l’Albertone nazionale finisce per scegliere di avere come compagna un robot in “Io e Caterina“.

Le regole imposte a Iris dal suo software non sono altro che quelle pensate da Asimov ovvero che “Un robot non può recare danno a un essere umano né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno” e “Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non vadano in contrasto alla Prima Legge“. Altra regola da cui Iris non può discostarsi è quella che non può mai mentire, e quando lo farà ne sarà compiaciuta scoprendo il piacere che gli umani provano nel farlo.

Le scene finali del film, che non sveliamo, sono poi un omaggio fin troppo evidente ai primi due Terminator, mentre il grande Arnold nella scena finale di Terminator 2 chioserà “Ora capisco perché piangete ma io non potrei mai farlo!” e giù lacrimoni soprattutto dal lato maschile.

Companion dunque merita di essere visto e senza urlare al capolavoro, certamente aggiunge un’opera di qualità al genere rinnovando l’assunto che in definitiva i cattivi siamo sempre noi e mai le macchine.

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