Che vinca il peggiore! Quando a vincere l’Oscar non è il miglior film

Manca pochissimo alla Notte degli Oscar e in molti di voi già pregustano il fantastico premio, messo in palio con il nostro giveaway. Per chi ancora non avesse compilato il form, vi invitiamo a farlo e a seguire le istruzioni sul nostro post Instagram o Facebook.

Ma vince davvero il migliore?

Da anni i film che escono vincitori da questa pazza notte vengono additati dalla massa come i migliori in circolazione, motivo che spinge il pubblico ad affollare le sale – quando si poteva! – e ad arricchire schifosamente i produttori. La verità è che i premi Oscar non sono assolutamente sinonimo di “film di qualità”, come molti credono. Sono pochi i festival nel mondo – Cannes e Venezia su tutti – che riescono a decretare quali sono le pellicole capaci di lasciare una traccia nella storia del cinema e che premiano davvero la loro essenza più artistica.
Non a caso, di alcuni film vi sarà capitato di sentire: “Non è un film da Oscar!” oppure “Non meritava affatto di vincere”. Beh, quelle persone potrebbero non avere tutti i torti. Motivo per cui, oggi vi sveliamo le tre più grandi “ladrate” degli Oscar, commesse ai danni di pellicole che poi un segno, cinematograficamente parlando, l’hanno lasciato eccome. I tre “crimini” contro il cinema che troverete in basso non seguono un ordine cronologico, bensì sono il frutto del nostro personalissimo podio, dal terzo al primo posto, dei film che meno si sarebbero meritati l’ambitissima statuetta per la categoria “Miglior Film“.

3) Shakespear in Love


Correva l’anno 1999 e l’allarmismo per il famigerato Millennium Bug era arrivato a livelli stellari. Ai tempi Gwyneth Paltrow che, quell’anno, inspiegabilmente vinse l’Oscar come migliore attrice proprio in questo film, neanche immaginava che un giorno avrebbe venduto una candela che profumava come la sua vagina.
La paura di una “rivolta delle macchine”, probabilmente, fece cadere nel panico l’Academy e decretò la vittoria schiacciante di questo dramedy sentimentale in costume.
Shakespear in Love vinse ben sette statuette: Miglior Film, Miglior Sceneggiatura Originale, Miglior Attrice Protagonista, Miglior Attrice non protagonista, Miglior Scenografica, Miglior Costumi e Miglior Colonna Sonora. Il film, di per sè godibile, si può ritenere un buon film sentimentale in costume che sicuramente beneficiò del grande successo al botteghino per la corsa agli Oscar e che, ancora, oggi mantiene un discreto appeal. Ciò però non giustifica il successo come miglior pellicola del 1999. Non scenderò in futili dettagli, ma vi basterà sapere che, in quella stessa categoria, quell’anno, si contendevano il premio Salvate Il Soldato Ryan, pietra miliare del cinema di guerra, diretta dal maestro Steven Spielberg, La Sottile Linea Rossa, capolavoro indiscusso di Terrence Malick, uno dei registi più controversi della storia del cinema, e La Vita Bella. Ora mi spiegate come hanno fatto a dire che Shakespear in Love è meglio di Salvate Il Soldato Ryan o di La Sottile Linea Rossa?

2) Green Book


Già sento i primi mugolii, ma in questo caso è doveroso mettere le mani davanti con una domanda fondamentale per stabilire se un film ha un valore cinematografico o meno: “Quanti di voi tra 10 anni si ricorderanno di questo film?”. Dopo averlo visto un anno e mezzo fa, non ci viene in mente nessuna scena di questo film che ci è rimasta particolarmente impressa a tal punto da pensare di stare di fronte a un capolavoro. Di film così se ne vedono tanti. Perché non dare la statuetta al graffiante BlacKkKlansman di Spike Lee, o allo scomodo e bellissimo Vice – L’Uomo nell’Ombra nella corsa agli Oscar del 2019?
La risposta è che a vincere negli ultimi anni è sempre e comunque il politicamente corretto, di cui questa pellicola straripa. Green Book è l’ennesima conferma di come i buoni e rinfrancanti sentimenti e la morale spicciola da perbenista siano croce e delizia del cinema contemporaneo.

1) The Hurt Locker


Ci sono domande di cui ancora gli scienziati non sono riusciti a trovare una risposta e il premio Oscar come Miglior Film a The Hurt Locker nel 2010 è una di queste.

Prima però di giungere a conclusioni affrettate, è giusto fare una doverosa digressione sul momento storico-politico che ha permesso a questo film di entrare nelle grazie dell’Academy, vincendo ben sei statuette.
Il film è un ennesimo e futile monumento al coraggio, al dolore e al valore del corpo armato americano impiegato nella Guerra in Iraq. Senza troppi giri di parole, The Hurt Locker è un film di propaganda filo-americana dove non vengono mai menzionati e colpevolizzati i politici che hanno scatenato senza motivo un guerra in Medio Oriente. A tal proposito, vi ricordate le famose prove false, esibite da Colin Powell, di fantomatiche armi atomiche e batteriologiche custodite in Iraq e mai trovate?

Nella pellicola, il protagonista è il classico “eroe con i contro-cazzi” che, per amore del suo Paese, disinnesca bombe con la stessa leggerezza con cui noi accendiamo un barbecue e i villain sono “i cattivissimi iracheni” che, invece di accogliere a braccia aperte un popolo che ha portato la “democrazia” a suon di bombe, boicotta l’eroe e l’esercito americano con vili attentati terroristici. I ruoli di vittima e carnefice si invertono per raccontare l’ennesima frottola del colonialismo americano in Medio Oriente e il cinema diventa, come negli anni Trenta, uno strumento di propaganda. Con il grandissimo plauso della critica e degli Academy.

A nulla sono valsi gli incassi record di Avatar che ha regalato alla storia del cinema una pietra miliare del cinema di fantascienza. Neanche la maestria di Tarantino e la pregevolezza di un film eccezionale come Bastardi Senza Gloria hanno fatto vacillare la giuria. A vincere quell’anno doveva essere la bandiera americana e così ha vinto The Hurt Locker. Sarà stata particolare contenta la Bigelow, regista del film ed ex-moglie proprio di James Cameron, che con questo film si è tolta lo sfizio di alzare l’ambita statuetta proprio in faccia al suo ex marito.

Concludiamo questa fantastica classifica con una massima che sa di riflessione. Non importa che tu sia Malick, Spielberg o Tarantino, l’importante per la lotta agli Oscar è essere paraculi. E forse questa massima non è buona solo per vincere gli Oscar.

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“Il tipo che urla: “Shhh!” nei cinema”
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