C’è Ancora Domani: l’opinione di Pennadicorvo!

C'è ancora domani

Qui in redazione sperimentiamo sempre. Questo pezzo, infatti, è frutto di un’idea che vogliamo condividere con voi lettori. Dopo la fake news circa la candidatura agli Oscar come Miglior FIlm, abbiamo deciso di mettere penna e bocca su C’è Ancora Domani.

Non è una recensione qualsiasi: ogni corvo che ha visto il film di Paola Cortellesi esprimerà il proprio giudizio, senza influenzare quello dei colleghi.

Ma prima, il contesto!

la locandina del film

Il film

C’è ancora domani è un film del 2023 scritto, diretto e interpretato da Paola Cortellesi, al suo esordio come regista. La pellicola è stata presentata alla 18ª edizione della Festa del Cinema di Roma, in concorso nella categoria “Progressive Cinema – Visioni per il mondo di domani”, dove ha ottenuto il premio speciale della giuria e una menzione speciale come miglior opera prima. Inoltre, è stato premiato come Film dell’anno ai Nastri d’argento del 2024. Il film ha ricevuto ben 19 candidature ai David di Donatello, risultando il film di un esordiente con il più alto numero di candidature nella storia del premio.

La trama

Nella Roma del dopoguerra, Delia (Paola Cortellesi) è una donna di casa che si occupa della famiglia e guadagna qualche soldo con lavori di riparazione e rammendo. La sua vita è segnata dalle violenze del marito Ivano (Valerio Mastandrea), che la picchia e maltratta regolarmente.  

Delia ha un sogno nel cassetto, e il film racconta la sua lotta per realizzarlo.

Il film è stato apprezzato dalla critica italiana ed estera per la regia di Paola Cortellesi e le prove recitative degli attori. Il suo successo al botteghino è stata notevole, incassando 36,6 milioni di euro in Italia.

L’opinione di Giuseppe

Via il dente, via il dolore. Il film mi è piaciuto, ma non lo definirei un capolavoro.

Sicuramente la storia si dipana in maniera avvincente, tenendo lo spettatore incollato e con la voglia di andare avanti. Il merito è da attribuire sicuramente a Paola Cortellesi, che si è dimostrata una valida cineasta. Per essere alla prima esperienza dietro la macchina da presa, l’attrice romana dimostra sicuramente una conoscenza delle tecniche base di regia, anche se non spicca per fremiti registici iperbolici.

Nel complesso, fino ad un determinato punto della storia (che racconterò in una sezione spoiler), sono stato molto coinvolto dalla narrazione, dal parallelismo tra la liaison d’amore col marito Mastandrea e quella della figlia, promessa sposa di un rampollo di zona.

Intelligentissimo l’utilizzo di un semi MacGuffin (puoi approfondire qui) arrivato a mezzo posta alla protagonista e che dà il nome al film, oggetto che sarà indispensabile nelle sequenze finali.

Ottime le prove attoriali, soprattutto Emanuela Fanelli e Romana Maggiore Vergano. La prima si dimostra essere un’amica fuori dal comune ed estremamente forte, anche per l’epoca proposta nel film. La seconda, la Vergano, è per il sottoscritto il vero motore del film. Lei incita la madre, lei è la sposa, lei è in pena per amore, lei risolve il finale, per lei è il film.

Romana Maggiore Vergano in una scena del film

Un aspetto davvero interessante è stato il modo di inscenare le violente percosse del personaggio di Ivano ai danni della povera Delia. Una vera e propria danza tra i due, straziante e capace di trasmettere il dolore – fisico e mentale – della povera protagonista.

Molto interessanti le storyline di Delia con altri due uomini. Nino, ex fiamma giovanile e William, soldato americano incontrato casualmente. Nessuno dei due avrà seguito nella vita di Delia, ma interagiscono in maniera dolce e gentile con lei, contrappasso sensibile di un marito irascibile.

Il film si lascia sicuramente vedere e consente allo spettatore di empatizzare con le donne del film, ma perde totalmente di attrattiva (almeno per me) nel momento in cui il soldato William “ringrazia” Delia per la sua gentilezza. Sfrutto questo gancio per passare agli aspetti negativi del film e agli spoiler, purtroppo indissolubili.

Come ho detto, ad un certo punto il film perde totalmente la mia attenzione. La fotografia in bianco e nero, le scene rionali, il confronto con i soldati americani… tutto lascia intendere l’omaggio della Cortellesi al nostro amato e amaro neorealismo. Infatti, per aver ritrovato la foto della famiglia, il personaggio di William (soldato afroamericano) la ringrazia con del cioccolato, motivo scatenante di un pestaggio familiare. Col tempo, William si accorge dei maltrattamenti e si propone di aiutare Delia, che rifiuta sempre.

Il ringraziamento poi arriva, quando la protagonista chiede al soldato di far esplodere il bar del futuro marito della figlia in perfetto Romanzo Criminale style. Grazie a ciò, la figlia romperà il fidanzamento avendo la vita futura salva, poiché il rampollo si stava dimostrando un novello Ivano.

Dal nulla, un soldato americano fa esplodere un normalissimo bar di quartiere.

Perfetto stile neorealismo, sicuramente coerente con la trama, assolutamente aderente alle reazioni umane dell’epoca (leggasi ironia). E qui il film mi ha perso totalmente.

Inoltre, la fotografia non aggiunge nulla al contesto e alla sceneggiatura, si rivela essere solo un vezzo stilistico superfluo. Così come la scelta della colonna sonora.

Il mondo musicale del dopoguerra è ricco di perle italiane e internazionali che avrebbero potuto calare lo spettatore nella Roma devastata. Invece, sono state scelte una serie di canzoni più o meno contemporanee che contribuiscono ad una confusione anacronistica inutile.

Una scena di violenza domestica

Uno dei punti forti che ho citato (le percosse ballerine) sono poi lasciate cadere con una banalità assurda. Infatti, Delia non mostra mai i segni delle malmenate, se non in due momenti strategici per impietosire il soldato americano. Che senso ha inscenare una così bella idea se poi non ne porta conseguenze? Mah.

Il punto più debole del film. Il paragone con i tempi attuali e il patriarcato. Ormai, una qualsiasi opera abbia una protagonista femminile è un film di protesta, di lotta al maschio bianco alfa etero cis. Palesemente il messaggio trasmesso è un altro, voluto o meno. Sì, perché il film è costellato di uomini buoni che vogliono aiutare Delia o che si dimostrano amorevoli verso la propria moglie. Dal marito della Fanelli, a Nino il meccanico, passando per il soldato americano e il proprietario del bar disintegrato (poverino!).

Anzi, il film più volte ci dice che il comportamento di Mastandrea (Ivano il manesco, ricordo) è desueto, sbagliato e condannabile già nel 1946. Con quale assurdo volo pindarico lo si vuole rapportare al 2024? Tra l’altro le donne sono mostrate come quelle che mandano avanti, non solo “la casa”, ma botteghe (vedi il personaggio forte della sarta che tiene testa ad un rappresentante uomo), mercati e ditte!

La pellicola vorrebbe parlare della donna in generale, ma racconta di un singolo spaccato, di una singola casa, di una singola donna che, purtroppo, è vittima del marito. Tant’è verò che il finale è di un nonsense incredibile.

Il MacGaffin si rivela essere la scheda elettorale e Delia decide di votare al Referendum istituzionale del 2 giugno 1946, sperando in un futuro migliore della figlia (ignorando completamente i due figli maschi; sì, ha anche dei figli maschi). Una volta al seggio Delia si rende conto di aver perso la tessera elettorale, ritrovata dal marito che parte alla sua ricerca. In tutto ciò, la figlia recupera la tessera e la consegna a Delia. In quella, anche Ivano trova la moglie che tituba… ma tutto il piazzale si volta a guardare minaccioso il marito manesco che indietreggia.

Questo surrealismo cosa mi sta dicendo? Davvero non lo so.

Se si vuole guardare qualcosa di valore artistico sul tema suggerisco film come Assunta Spina, Roma Città Aperta, Ladri di Biciclette, Paisà, La Terra Trema.

Tutto sommato il film merita un buon 6,5. Per favore, non linciatemi se mi trovate su Instagram (@g.o.daily).

L’opinione di Rob

L’amici miei, la mia sarà tutt’altro che una recensione, bensì un “parere di pancia” e soprattutto cercando di non spoilerare nulla perché questo film va visto!

Per essere la sua prima volta in cabina di regia, la Cortellesi, devo ammettere che se l’è cavata alla grande! Molti prima di lei hanno toppato perché dall’essere un buon attore non ne consegue l’essere un buon regista.

Quello che potrebbe risultare “pesante” ai giorni nostri è che il film sia tutto in bianco e nero, non vi nego che inizialmente anche io ho fatto fatica. Una volta abituato però mi ha tenuto fino alla fine ed anche le “storie secondarie” sono ben inserite. La presenza di “romanzate” o “esagerazioni” (se così vogliamo chiamarle) credo siano state concepite per alleggerire o mettere l’accento su determinate situazioni.

Il film sia ben chiaro non è un “pippone” sulla violenza e mai potrebbe esserlo vista la vena comica della Cortellesi che è stata abile nella scelta del cast e nel miscelare comicità e serietà.

Il metodo di esporre la violenza alleggerendola tramite il “musical” è ciò che serviva per poter rendere la pellicola fruibile a tutti. Il tema trattato è purtroppo ormai all’ordine del giorno, molto delicato e spinoso. A mio parere la Cortellesi ha trovato un bellissimo ed efficace metodo per affrontarlo, ma soprattutto per portare a riflettere non solo i più adulti ma bensì anche i giovani. 

Nelle scuole potrebbe essere un ottimo strumento per portare le giovani coscienze a riflettere sull’argomento ed innescare un meccanismo di cambiamento educativo. Trovare metodi alternativi di insegnamento e di sensibilizzazione è fondamentale e credo che Paola abbia voluto farci dono di un valido strumento. 

Se parliamo di film sotto la sfera tecnica non credo vincerà mai un Oscar (anche se potrebbe essere candidato alle statuette dedicate agli attori), ma onestamente non ho le competenze tecniche per valutarlo a pieno. Vi parlo da fruitore medio e come tale vi dico che a me è piaciuto e che merita anche qualcosina in più rispetto al successo che sta avendo.

La desolazione della protagonista

È vero C’è ancora domani, ma se vogliamo davvero prendere spunto e cercare di invertire la rotta non aspettiamo a domani! Cominciamo oggi a cambiare il futuro nostro e dei nostri figli. Per citare un altro film “…un pezzetto io, un pezzetto tu, un pezzetto tu, diventa un grande pezzo di ingiustizia che facciamo fuori!” (dal film Ultimo con Raoul Bova), questo per dire che a volte basta fare la propria parte per dare inizio al cambiamento.

Ci becchiamo su Instagram: @ultimo91.

L’Opinione di Marcello

Tralasciando l’aspetto tecnico, già spiegato in maniera superba da Giuseppe e relative incongruenze o soluzioni poco lineari nell’utilizzo di alcuni elementi narrativi, la mia vuole essere una considerazione complessiva sul perché la pellicola sia stata tanto apprezzata in Italia ed all’estero.

Paola Cortellesi non è nuova alle tematiche femministe e di genere. Ne è l’esempio Scusate se esisto!, film del 2014 diretto da Riccardo Milani, con protagonisti Paola Cortellesi e Raoul Bova. Lì la tematica principale riguardava il diverso trattamento in ambito lavorativo di uomo e donna. 

In C’è Ancora Domani il focus si sposta sulla realtà dei rapporti tra i sessi e della società per come era una volta. Quante storie come quella di Delia nel nostro paese, ieri ma anche oggi, quante donne imbruttite, picchiate, alienate, costrette ad essere suppellettile ed oggetto del controllo di una società riluttante ad ogni emancipazione.

Il terrore di una moglie maltrattata

Il patriarcato, questo termine usato così a sproposito, qui risplende della sua realtà storica, innegabile, con tutte (ma veramente tutte) le donne chiamate a rispondere al giogo del maschio. Quante delle nostre nonne, persino delle nostre mamme e sorelle sono ancora oggi sotto il gioco di questa mascolinità tossica? 

C’è Ancora Domani fa riflettere, ma con leggerezza, con musica che è sì fuori luogo, ma che fa sembrare anche le scene più violente e crude, del cabaret (mia esperienza personale: durante la scena della violenza domestica il pubblico in sala rideva, ingiustificatamente). Per tutta la pellicola permane la sensazione di profondo disagio di fronte ad un quadro che ci è molto familiare e che è ancora oggi motivo di discussione. 

Delia è il simulacro di tante donne (le nostre bisnonne e nonne) per cui ricevere una lettera con sopra il suo nome, con cui qualcuno (lo Stato), molto più importante dei loro aguzzini domestici, certificava il loro diritto di votare, il loro diritto di contare. Donne che ignare ed inconsapevoli di quello che significasse, hanno rivoluzionato il nostro paese. 

Ecco per me questo film è la celebrazione dell’importanza delle donne nella storia del nostro paese. 

Parliamone qui: @marcellosenator.

L’opinione di Olmina

Tralasciando l’aspetto tecnico ampiamente descritto da Giuseppe, mi soffermerò su quanto e cosa mi ha trasmesso questa pellicola. 

Vediamo in questo film, per la prima volta, una Paola Cortellesi regista, oltre che attrice protagonista. A mio avviso, come sua prima esperienza, non è andata così male, anzi; credo sia emersa un’immagine che abbiamo di lei, una donna con un grande carico di umanità. Aspetto che lei ha sfruttato come motore della sua capacità espressiva

La storia è ambientata nel dopoguerra e la protagonista Delia deve districarsi tra i doveri quotidiani e familiari a cui le donne “devono” adempiere e la continua e costante accettazione di un uomo violento, suo marito Ivano (Mastandrea).

Delia è una donna invisibile agli occhi del marito, una delle tante donne “ombra”, non rispettate e per nulla considerate. È la “classica” donna serva e sguattera della casa.

Delia prova a rimediare ad un errore sotto lo sguardo disgustato del marito

È proprio questa donna “ombra” che con la sua caparbietà, cambierà il futuro sia della figlia che di tutte le possibili “figlie”, donne del futuro. Una lettera “misteriosa” ricevuta sarà la speranza per un futuro migliore e sarà, per Delia, quell’input che la illuminerà sul da farsi. 

Quanto e cosa mi ha trasmesso questa pellicola? Ho riflettuto molto sia in sala che subito fuori.

Mi ha lasciato, per le scene in cui subisce violenze, quell’amaro in bocca, quella sensazione di voler intervenire a tutti i costi, pur essendo raccontate con della musica di sottofondo. Per un attimo ho pensato che anche la stessa Delia volesse che i suoi figli potessero sentire non schiaffi e maltrattamenti, ma tutt’altro, potessero vivere la situazione familiare in modo diverso. 

Per le scene in cui c’è una minima “ribellione” da parte della protagonista, sia quando chiacchiera con l’amica, sia quando nasconde parte dei soldi della sua paga per la figlia e soprattutto la scena in cui, anche di fronte alla morte, ha continuato a voler fare ciò che si era prefissata; ho capito che ero entusiasta e ho fatto il tifo per lei, per quella donna che finalmente aveva capito quale strada prendere. 

È riuscita la Cortellesi a creare quel legame, quella empatia con la protagonista, che non è poco.

Gli attimi di ribellione di Delia insieme alla sua migliore amica

Credo, quindi, che questa pellicola porti a riflettere con grande arguzia su vari temi, come la violenza, la libertà in tutto, di espressione e di pensiero e soprattutto il diritto al voto, diritto al lavoro, al rispetto della dignità psichica e fisica che ogni persona, non solo donna, deve conquistare, tutelare e preservare. 

Per chi l’avesse perso, il mio consiglio è di vederlo, anche solo per riflettere un po’ sui vari temi.

Instagram: @olm_ix.

L’opinione di Gabriele

Film sicuramente interessante nel panorama del cinema italiano sia per la scelta di utilizzare il bianco e nero in omaggio al cinema neorealista – che negli anni in cui è ambientata questa storia stava muovendo i primi passi (Roma città aperta e Ladri di biciclette docet).

La storia non è banale come non lo è il colpo di scena finale né l’idea di rappresentare, in una scena, il pestaggio del marito con un balletto. Per quanto riguarda gli interpreti ottima l’interpretazione di Romana Maggiora Vergano (la ragazza farà strada!) mentre gli altri interpreti fanno il loro compito senza però particolari acuti.

La Cortellesi è quasi piatta nella recitazione, così come Mastandrea ormai imprigionato sempre in parti malinconiche/drammatiche (personalmente mi manca quando faceva personaggi che facevano anche ridere). La Fanelli è praticamente se stessa mentre Giorgio Colangeli e Vinicio Marchioni fanno a dovere il loro compito.

Non è tuttavia un capolavoro, non può esserlo sia perché la regia è a livello base sia appunto per le prove attoriali. Il successo del film, che da questo punto di vista possiamo considerare “furbo”, deriva dal fatto che è il lungometraggio giusto al momento giusto: pur raccontando una storia di più di 70 anni fa la violenza sulle donne è sempre tristemente attuale.

La corsa verso il seggio elettorale

Il pubblico femminile non poteva non amare un film dove non solo la protagonista è al centro della storia, ma non ha nemmeno bisogno di un uomo per “salvarsi” in quanto le basta “soltanto” andare a votare. Il voto “salva” e legittima la donna. Ecco forse questo aspetto è stato sottovalutato mentre per i tempi che corrono un grande problema sociale è proprio l’astensione quando si vota.

Discutiamone su IG: @gabriele_roma.

L’opinione di Benedetta

C’è Ancora Domani è stato una sorpresa sotto ogni punto di vista. Perché è un esordio alla regia che dimostra una singolare consapevolezza tecnica e stilistica, perché è un film educativo, politico, femminista, che racconta (e riscrive) uno spaccato importante di storia italiana, lanciando un messaggio di speranza e di empowerment che è ben lungi dal rimanere ancorato al passato. 

Paola Cortellesi dà voce a tutte le donne dimenticate di un’epoca – il secondo dopoguerra – di povertà e sacrifici, che siamo stati abituati a guardare attraverso la lente cinematografica del neorealismo, in cui registi uomini gli hanno restituito dignità attraverso le storie di protagonisti uomini.  

Delle donne che erano, rispetto a questi ultimi, ancora un gradino più in basso, che sopportavano le loro percosse, lavoravano sia dentro che fuori casa, accudivano e crescevano i figli, parla invece Cortellesi, usando il linguaggio che forse padroneggia meglio, quello della commedia, che rende le vicende della sua protagonista Delia tragicomiche, usando spesso lo scarto tra la colonna sonora pop e la violenza delle scene, trasformando a volte scene di violenza domestica in squisiti passo a due.

Madre e figlia in scena

Non si tratta di un’operazione stilistica innovativa, ma è funzionale alla creazione di una narrativa che rifugge drammaticità e retorica, ma al contrario usa la leggerezza come arma. Anche l’uso del bianco e nero non risponde a un bisogno filologico di ricreare lo stile neorealista, ma, invece, a quello di riprendere gli stessi stilemi per modificarli e attualizzarli.

Il finale trascende la dimensione individuale e abbraccia quella collettiva, rivelandosi politico e poetico allo stesso modo. Rinunciando alla fuga, nonostante le permetterebbe una vita più felice, e decidendo invece di andare a votare, il 2 giugno 1946, al referendum per la Repubblica in cui le donne per la prima volta hanno il diritto al voto, Delia ci manda un messaggio importante e commovente: per quanto sia più facile agire in modo individualista, anteponendo il proprio bene a quello degli altri, per cambiare le cose in meglio l’unico cambiamento possibile è quello collettivo.

Mi trovi qui @benedettamst.

C’è Ancora Domani

Come si può leggere, le idee sono varie e variegate, convergono tutte in un unico punto: il film va visto sicuramente. Per quanto difficile sia, speriamo in un piazzamento ai prossimi Oscar del primo film di Paola Cortellesi. Sosteniamo sempre il cinema italiano. Sosteniamo sempre il cinema.

Speriamo che quest’analisi sia stato un esperimento fruttuoso. Ci vediamo nel nido!

C’è ancora domani. Di Paola Cortellesi. Con Paola Cortellesi, Valerio Mastandrea, Romana Maggiora Vergano, Emanuela Fanelli, Giorgio Colangeli, Vinicio Marchioni, Lele Vannoli, Yonv Joseph.

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