#BehindTheMusic: The Alan Parsons Project

Salve a tutti e bentornati! Oggi negli studi di #BehindTheMusic “The Alan Parsons Project”.

Un progetto nato dall’incontro di Alan Parsons ed Eric Woolfson con la partecipazione di Andrew Powell.

Prima di parlare del “Progetto” è doveroso illustrare brevemente chi sono i nostri tre protagonisti.

Partiamo da Powell direttore britannico della Philharmonia Orchestra, tra i suoi successi la colonna sonora del film “Ladyhawke”; riveste il ruolo di arrangiatore all’interno degli “APP”.

Eric Woolfson manager e avvocato con il vezzo per la musica, compositore cantante e musicista.

Alan Parsons, mente brillante e cuore del progetto con Woolfson. Si avvicina alla musica in tenera età e partendo dal “grado” di fattorino riesce a diventare sound engineering presso gli EMI Studios ad Abbey Road. Partecipa alla produzione di “Abbey Road” e “Let it be” dei Beatles. Si afferma nel suo lavoro lasciando il segno in “The Dark Side of the Moon” introducendo nella registrazione il sound “multichannel”. E’ alla continua ricerca di nuove tecniche di registrazione, possiamo definirlo il precursore della musica elettronica.

(Alan Parsons agli Abbey Road Studios)

IL PROGETTO HA INIZIO!

Nel 1974 la svolta: incontra Woolfson, arruolano Powell e mettono su “The Alan Parsons Project”.

La ricetta dei loro album è la seguente:

  1. Scelta di un concetto (es. il vizio del gioco per il loro quinto album) q.b.;
  2. Brani strumentali q.b.;
  3. Impiego massiccio di tecnologie avanzate in fase di produzione (es. sintetizzatori e tecniche dell’ambito) q.b.

Il risultato? Concept albums di rock progressive dove strumenti classici si intrecciano con apparecchiature all’avanguardia.

DISCOGRAFIA

Nel 1976 viene pubblicato il primo disco ispirato ai racconti del maestro americano Poe dal titolo “Tales of Mistery and Imagination – Edgar Allan Poe” il cui pezzo forte dell’album è “The Fall of the House of Usher” che scaraventa l’ascoltatore nel fiume travagliato della vita emotiva del poeta.

Il ’77 ad ispirare il secondo album “I Robot” sono le opere di Asimov che si caratterizza per il grande utilizzo di sintetizzatori che miscelano parti melodiche con musica elettronica.

Il 1978 esce “Pyramid”. Il brano “Voyager” accompagna l’ascoltatore all’ingresso di un viaggio tridimensionale ambientato nelle piramidi dell’Antico Egitto.

Parsons &C. decidono di cambiare aria e atterrano a Monaco per la produzione di “Eve” che vede, come perno principale la madre delle donne. Il tutto viene impreziosito da predizioni apocalittiche, emblematico è il brano “Lucifer”.

L’aria di Monaco sembra essere fonte di ispirazione, la band partorisce “The Turn of a friendly card” (1980). Il concept di questo album è quello del vizio del gioco. Tra le tracce spiccano “Time” (dolce e soave melodia) e “The Gold Bug” (tanto sax e sintetizzatori).

Nel 1981 il ritorno all’ovile. Abbey Road è la casa dell’album che rende celebri gli APP, stiamo parlando di “Eye in the Sky” il cui concept è riassumibile nell’annullamento della privacy individuale. In questo capolavoro Parsons traduce in musica la sua anima e le sue emozioni. Si inizia con “Sirius”, brano strumentale in cui i sintetizzatori creano un clima sinistro e riflessivo. Questo ultimo sfuma in “Eye in the Sky” (non aggiungo nulla sul brano perchè è d’obbligo l’ascolto!). Nel mezzo troviamo “Mammagamma” prima traccia nella storia della musica leggera interamente suonata da un computer che ricorda una versione strumentale di “Another Brick in The Wall”. L’enfasi più forte è sprigionata in “Silence and I” dove Powell orchestra in maniera impetuosa ben 95 elementi.

(Copertina dell’album “Eye in the Sky)

“Eye in the Sky” è stata definita “un’opera rock” arricchita dalla calda voce di Woolfson. Disco di platino e baluardo della band.

Nel 1984 “Ammonia Avenue” crocifigge l’opprimente dominio della società industriale. Pietra miliare dell’album è “Don’t Answer me”, brano molto coinvolgente e sentimentale.

Stessa annata del precedente per “Vulture Culture” che risente della mancanza di Powell impegnato nella composizione della colonna sonora del film di Donner “Ladyhawke”.

L’anno dopo la band sforna “Stereotomy” che tratta argomenti profondi e riflessivi tra cui l’introspezione religiosa.

Penultimo album del gruppo è “Gaudì” ispirato alle opere del grande architetto di cui il brano iconico è “La Sagrada Familia”.

Il livello raggiunto da “Eye in the Sky” non è facilmente replicabile e i successivi album (ed il Progetto tutto) ne risentono significativamente infatti il 1990 segna l’epilogo del Progetto ed il suo scioglimento subito dopo l’uscita dell’ultimo album “Freudiana”.

(The Alan Parsons Project)

I componenti proseguiranno su strade differenti e successivamente verrà ripreso il nome della band da Parsons in persona per successive produzioni.

NON CI RESTA CHE ASCOLTARLI!

A tal proposito si è soliti collocare i “The Alan Parsons Project” negli anni che vanno dal 1974 al 1990 in quanto il periodo successivo (a mio avviso) è paragonabile alla situazione dei “Queen+Adam Lambert”: sono i queen ma non i Queen, senza nulla togliere a Lambert. (L’utilizzo delle maiuscole e minuscole non è casuale).

Grazie alla sua poliedricità come ingegnere del suono e come musicista, Parsons, ha dimostrato al mondo di non essere “semplicemente” il tecnico dei Pink Floyd ma molto di più.

Gli APP hanno segnato un’epoca nell’evoluzione dell’elettronica applicata ai suoni regalando al mondo musicale vari tour emotivi attraverso i concept più svariati.

Può sembrare impegnativo il loro ascolto (simile la situazione per i Genesis e i Pink Floyd) ma superato lo scoglio iniziale si apre un vasto oceano di meraviglie per le orecchie.

A tal proposito mi sento di consigliare l’ascolto dei brani dei singoli album seguendo la track list per poterne apprezzare la completezza proprio come i vari atti di un’opera teatrale.

Spero di non avervi annoiato e di avervi fatto dono di una perla estratta dal mio forziere musicale.

A presto, un abbraccio “Senza Cera” dal vostro

J-Crow

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